Intervista con Sara Sole Notarbartolo
Una foto della nostra vita
In ogni nostra giornata passata in solitudine c’è una folla di persone e di storie, racconta la drammaturga e regista napoletana.
Di Maria Carmen Morese & Johanna Wand
Che spazio ha il suo lavoro nell'isolamento?
Amo molto la solitudine e per certe fasi della mia scrittura è un bene prezioso. Ma c’è anche un momento di creazione iniziale che nasce assieme ai miei attori ed è il passaggio che avrei dovuto vivere a marzo iniziando il lavoro per formare la compagnia di uno spettacolo che sarebbe previsto per ottobre. È come se per il silenzio enorme di questa assenza le mie pagine fossero impallidite, sbiancate senza possibilità di ritorno. Poi ho deciso di smettere di sfuggire la situazione e viverla; ho iniziato a scrivere un altro progetto per due attori siciliani e di lasciare entrare questa loro lontananza nel carattere della scrittura. Ci vediamo via Skype e leggiamo assieme il testo man mano che si tesse. E la storia si sta costruendo con modalità che sono compatibili, anzi giocano, con un’ipotesi di distanziamento fra gli attori e di distanza con il pubblico e sta prendendo forma con queste emozioni nuove, questa rabbia, questa sensazione di stringente assedio. Un drammaturgo non può non essere immerso nel tempo anche se si tratta di un tempo così doloroso.
Come tutti i momenti complicati, è anche fervido di possibilità, cosa ci insegna la crisi?
In uno dei primi giorni di quarantena ho percepito per la prima volta, chiaramente, quanto siamo tutti legati, quanto dietro ogni cosa ci sia un qualcuno. Dalla sedia su cui sono adesso, al pane che mangerò, alla frutta, ai libri, tutto è stato lavorato, stampato, inchiodato, trasportato, cucinato, consegnato da un essere umano, ed è come se all’improvviso ne avessi percepito la vita, la storia e la vulnerabilità. In ogni nostra giornata passata in solitudine c’è una folla di persone e di storie, è come se avessi sentito, tutto in una volta, il respiro di vitalità e di connessioni che ci circonda e di cui facciamo parte.
Le circostanze attuali ci sconvolgono e ci preoccupano, ma ci incoraggiano a pensare in maniera visionaria. Cosa sogna/immagina per il dopo?
Stiamo sperimentando un mondo senza risposte, senza attendibilità, con verità che durano poco e poi si rivelano errate. È questa paura, più di quella del virus, che ci fa sentire un grande senso di vertigine. Diventeremo molto più agili nel modulare la nostra idea della realtà, molto più adattabili.
La quarantena è come una fotografia della nostra vita, prima era un film e lo lasciavamo scorrere, ora possiamo guardare, e lungamente, a che punto stavamo quando è arrivato lo stop e se davvero quella fotografia ci piace. Credo che ognuno di noi abbia avuto la possibilità di guardare a lungo la fotografia di quello che ha costruito e adesso che tutto si sta riaprendo sentiremo la responsabilità di costruire davvero una vita di valore che sia sempre più vicina a quello che ci rende profondamente felici.
Note biografiche
Sara Sole Notarbartolo è drammaturga, regista, pedagoga teatrale e fondatrice della compagnia teatrale Taverna Est.
Come regista e drammaturga è vincitrice di numerosi premi italiani e internazionali. Ha realizzato spettacoli, oltre che in Italia, in Bosnia Erzegovina, Svizzera, Francia e Belgio. Insegna recitazione dal 1996 affiancando il lavoro di pedagogia per attori ad una serie di progetti di inclusione sociale, realizzando laboratori, workshop e corsi per scuole, festival, università, teatri, realtà carcerarie e di disagio sociale.
Come scrittrice è autrice fra l’altro di testi musicali, musical, sceneggiature.
Nel 2000 presso Esse Libri è uscito il suo libro “Il meraviglioso mondo di Tea. L'avventurosa storia del teatro italiano” e nel 2016 presso Tittivillus Edizioni “Sueño #4”.
Commenti
Commenta