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Cultura della memoria
Pietre contro l’oblio

Si commemorano o si calpestano i perseguitati? Queste pietre d’inciampo ormai diffuse in tutta Europa vengono anche contestate.
Si commemorano o si calpestano i perseguitati? Queste pietre d’inciampo ormai diffuse in tutta Europa vengono anche contestate. | Foto (dettaglio): © picture alliance/dpa/Sven Hoppe

Da 25 anni l’artista Gunter Demnig incorpora pietre ricoperte di ottone nel selciato stradale per commemorare le persecuzioni e le uccisioni perpetrate durante il nazionalsocialismo. Questi blocchetti diventano una lezione di storia vivente per le generazioni successive.
 

Se si percorre la Crellestrasse nel quartiere berlinese di Schöneberg ci si imbatte prima o poi in una delle cosiddette pietre d’inciampo inserite nel selciato stradale. I piccoli riquadri in ottone saltano subito all’occhio: quattro blocchetti splendenti rappresentano il destino della famiglia Davidson, due sono dedicati alla coppia Marchand. Gli ex vicini di religione ebraica sono stati sterminati dai nazionalsocialisti nei campi di concentramento e nessuno dovrà mai dimenticarlo.  

Quando Gunter Demnig ha posato la prima pietra nel suolo di Berlino, il suo obiettivo era ricordare le persone come i Davidson, i Marchand e tutti i concittadini perseguitati fra il 1933 e il 1945. “Potrebbe succedere di nuovo?”, chiede l’artista, nato nel 1947, quindi dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. “Continuo a pormi questa domanda.” Già solo a Schöneberg, in quel periodo, furono deportati e sterminati 6.000 ebrei e altri perseguitati. Molti vivevano nel quartiere bavarese di Berlino, non lontano dal municipio. Nel selciato troviamo anche un blocchetto dedicato al premio Nobel Albert Einstein, che fu costretto a fuggire negli Stati Uniti per sottrarsi ai nazionalsocialisti.

Inizialmente, Gunter Demnig non sapeva come si sarebbe evoluto il suo progetto artistico. La sua idea si è diffusa velocemente, tanto che solo in Germania queste pietre memoriali si trovano già in circa 1.200 comuni, e la posa si è estesa anche oltre confine: in tutti i territori occupati allora dalla Germania, attualmente in 27 paesi, sono ben 80.000 le pietre d’inciampo che riportano alla luce un periodo buio. “Un successo che non avrei mai osato immaginare”, afferma Demnig. Gunter Demnig al lavoro a Berlino, dove ha già collocato più di 9.000 pietre. Gunter Demnig al lavoro a Berlino, dove ha già collocato più di 9.000 pietre. | Foto (dettaglio): © picture alliance/dpa/dpa-Zentralbild/Britta Pedersen

Calpestate

Tale modo di commemorare riscontra però anche delle critiche, soprattutto da parte della comunità ebraica. A Monaco di Baviera, per esempio, Demnig non può posare nessuna pietra d’inciampo. “Le persone calpestano le pietre o ci passano sopra senza nemmeno notarle”, ha commentato a suo tempo Charlotte Knobloch, la presidente della comunità israelitica di Monaco di Baviera, e la sua inquietudine è stata recepita: intorno al 2000 il consiglio comunale di Monaco di Baviera ha proibito la posa delle pietre d’inciampo e a partire da quella data solo e unicamente delle stele possono commemorare i perseguitati. A tutt’oggi questa decisione è dibattuta e dal 2018 è stata organizzata un’iniziativa privata che organizza la posa di blocchetti su terreni privati con inaugurazioni alle quali partecipano i familiari e i membri delle comunità ebraiche.

Demnig non comprende la decisione della città di Monaco. “Quest’accusa è assurda”, ribadisce l’artista. “Secondo questo argomento nessuno dovrebbe poter entrare nella Basilica di San Pietro perché sotto il pavimento si trovano delle tombe.” E molti sembrano vederla allo stesso modo perché c’è una richiesta continua di pietre d’inciampo. Ogni mese Demnig colloca 150 blocchetti da 10 x 10 centimetri. Chi si rivolge a lui deve talvolta aspettare a lungo prima che la pietra richiesta venga collocata. Ad Amsterdam l’attesa è di circa quattro anni. Queste pietre d’inciampo ad Amsterdam commemorano Anne Frank (la famosa ragazza ebrea autrice del diario) e sua sorella Margot. Queste pietre d’inciampo ad Amsterdam commemorano Anne Frank (la famosa ragazza ebrea autrice del diario) e sua sorella Margot. | Foto (dettaglio): © picture alliance/Klaus Rose

Sorgono nuove amicizie

Questo progetto sortisce in ogni caso i suoi effetti e mantiene viva la memoria nelle generazioni successive. L’artista sottolinea l’importanza per gli studenti di individuare, all’interno del numero astratto di sei milioni di ebrei sterminati, magari un ex vicino o i familiari dei compagni di classe. “Quando i propri familiari ne parlano, è un altro modo per imparare la storia.”

Il progetto ha smosso qualcosa anche in Simon Lütgemeyer e la sua famiglia. “Due pietre d’inciampo davanti alla casa accanto mi hanno indotto alla riflessione”, ricorda l’architetto che risiede in una zona con case antiche nel quartiere berlinese Prenzlauer Berg. Insieme a sua moglie hanno fatto delle ricerche sulla storia dell’edificio nel quale vivono e si sono imbattuti nei nipoti degli ex proprietari ebraici che risiedono negli Stati Uniti. I contatti fra di loro si sono intensificati e presto i due fratelli ultraottantenni Peter e Werner Gossel andranno a Berlino.

Lütgemeyer avrebbe gradito far posare delle pietre d’inciampo anche per i loro antenati perseguitati, ma i Gossels hanno declinato la proposta perché non riescono ad accettare l’idea che i loro nomi vengano calpestati. Anche in questo caso è stato deciso di ricordare diversamente, cioè con una targa commemorativa nel corridoio d’ingresso dell’edificio. Nel frattempo, attraverso i fratelli Gossels, anche la direzione dell’Università Brandeis di Boston è venuta a conoscenza delle indagini di Lütgemeyer e lo ha invitato per saperne di più dei suoi progetti di ricerca.

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