Il movimento delle donne in Polonia
“Basta!”
Dal 2016, in Polonia le donne hanno deciso di riversarsi in strada per reclamare i loro diritti. Manifestano e lottano ancor oggi contro una delle leggi sull’aborto più restrittive d’Europa. L’illustratrice Magdalena Kaszuba racconta la loro storia attraverso un fumetto.
Di Magdalena Kaszuba, Marta Krus e Regine Hader
Leggi sull’aborto in Polonia
| Illustrazione: © Magdalena Kaszuba
Fra il 1956 e il 1993 la legge sull’aborto in Polonia era ancora relativamente liberale. Nel 1993, però, il governo ha deciso di restringerla attraverso il cosiddetto “compromesso sull’aborto” e la politica è diventata sempre più conservatrice nel corso degli ultimi anni: tanto che dal 2020 l’interruzione di gravidanza è quasi interamente vietata, addirittura nei casi in cui il feto non abbia nessuna possibilità di sopravvivere.
La gruccia: un simbolo delle interruzioni di gravidanza effettuate da donne che non hanno la possibilità di abortire legalmente.
| Illustrazione: © Magdalena Kaszuba
Il diritto di abortire è stato da sempre uno dei più reclamati. Nel 2016, le femministe in Polonia decidono di scendere in strada per esprimerlo pubblicamente. Alzano la mano con una gruccia posta fra l’indice e il medio adottando così un antico simbolo, che non solo rappresenta il tentativo disperato di eseguire personalmente l’aborto ma evidenzia ovviamente anche quanto sia pericoloso negare le prestazioni mediche in questo ambito.
“Basta!”
| Illustrazione: © Magdalena Kaszuba
Nell’autunno del 2020 le donne decidono di rivolgersi direttamente al governo e alla giustizia. Manifestano davanti alle case della presidente del tribunale costituzionale polacco Julia Przyłębska e del dirigente del partito di governo (il PiS) Jarosław Kaczyński urlando “dość”, cioè “basta!”.
“Mai più nessuna!”
| Illustration: © Magdalena Kaszuba
“Mai più nessuna”: quando la trentenne Izabela muore nel 2021 in seguito ad una sepsi perché i medici si rifiutano di interrompere la gravidanza nonostante una lesione irreversibile del feto, la protesta è già da tempo diventata un fenomeno di massa. Izabela è una delle prime vittime riconosciute di questa gestione inflessibile dell’aborto.
Il linguaggio delle manifestazioni
| Illustrazione: © Magdalena Kaszuba
I cartelloni delle manifestanti non usano mezzi termini: “Andate a ca**re” o “vorrei tanto abortire il mio governo”. I rappresentati conservatori hanno commentato affermando che questo linguaggio “non si addice” alle donne…
Il lampo rosso
| Illustrazione: © Magdalena Kaszuba
Nella massa dei manifestanti risaltano molti ombrelli neri e dei lampi rossi. L’ombrello nero ricorda le suffragette polacche, che all’inizio del XX secolo bussarono con i loro ombrelli alla porta del maresciallo Józef Piłsudski per esigere le pari opportunità e il diritto di voto delle donne. Il lampo rosso simboleggia il fatto che le femministe non accettano che vengano negati i loro diritti fondamentali. Significa: “Attenzione, è un avvertimento”, fin da ora.
La lunga lotta per l’autodeterminazione e il diritto all’aborto
Fra il 1956 e il 1993 l’interruzione di gravidanza in Polonia era legale nel caso la donna incinta vivesse in condizioni difficili oppure se la salute del feto o della madre erano in pericolo. L’aborto era legale anche quando la donna era rimasta incinta in seguito a violenze sessuali. Con la legge del 7 gennaio 1993 “Pianificazione familiare, tutela del feto umano e condizioni di ammissibilità dell’interruzione di gravidanza”, detta anche “compromesso sull’aborto”, i vincoli sono stati inaspriti. A partire da quel momento, l’interruzione legale della gravidanza poteva essere effettuata in soli tre casi: se costituiva una minaccia per la vita o la salute della donna incinta, se si potevano dimostrare delle conseguenze gravi e irreversibili sulle condizioni del feto o se la gravidanza era la conseguenza di una violenza sessuale. Il 22 ottobre del 2020 la legge è stata ulteriormente circoscritta: la corte costituzionale ha dichiarato incostituzionale l’aborto, anche nel caso di gravi malformazioni o di malattie del feto.
La legge che regolamenta l’accesso all’aborto in Polonia è dunque attualmente una delle più restrittive d’Europa.