La vita-teatro di Charlotte Salomon
Il riscatto nell’arte

Ci sono delle buone ragioni per avvicinarsi a Charlotte Salomon, artista di origine ebraica nata a Berlino il 16 aprile 1917. Nel quartiere di Charlottenburg, in Wielandstrasse 15, una pietra di inciampo e una targa ricordano il suo esodo in Francia (1939) e la sua uccisione ad Auschwitz (1943). In esilio realizza più di settecentocinquanta dipinti che accorpa nel progetto “Vita? O teatro?”, l’opera d’arte attraverso la quale l’artista resiste alla tragedia del suo tempo e mette al mondo un altro mondo. Gli originali sono conservati in Olanda, allo Joods Historisc Museum di Amsterdam. Grazie alla loro riproduzione la vita-teatro di Charlotte vive e può essere letta come leggiamo un libro con immagini e parole. L’edizione tedesca è Taschen, quella italiana è Castelvecchi.
Di Giulia Mirandola
Nel mese di febbraio 2022 si è tenuta a Firenze una splendida conferenza dedicata a Charlotte e a Vita? O teatro?, organizzata dall’associazione culturale Idee Erranti. In questa occasione hanno preso la parola lo storico dell’arte Tomaso Montanari e la scrittrice Lilith Moscon, conosciuta soprattutto per i suoi libri per ragazzi editi in Italia e in Spagna. A quest’ultima abbiamo chiesto di presentarci la sua amica Charlotte e di festeggiare insieme il suo compleanno.
Da dove nasce la tua attenzione particolare verso questa autrice? Come ti sei avvicinata a lei?
Ho sentito per la prima volta il nome di Charlotte Salomon nel 2019, durante la fiera nazionale della piccola e media editoria “Più libri più liberi”, a Roma. La casa editrice Castelvecchi aveva pubblicato, quell’anno, l’edizione completa della sua opera Vita? O teatro? e aveva dedicato a questa uscita un incontro, in fiera, con ospite lo storico dell’arte Tomaso Montanari. È lì che ho conosciuto Charlotte Salomon, le sue gouaches e la sua vita cominciata a Berlino, il 16 aprile del 1917 e terminata ad Auschwitz – dove era arrivata a soli ventisei anni, incinta di pochi mesi – il 10 ottobre del 1943.
Perché è un’opera d’arte totale, che travalica molti generi. È un racconto biografico, sospeso tra realtà e finzione, che si snoda attraverso il colore, la scrittura, la musica. Carlo Levi, il primo in Italia a essersi occupato di Charlotte Salomon, le aveva dedicato queste parole: “Con la sua opera Charlotte Salomon ha reinventato la sua vita per poterla sostenere, sopportare. Ha trovato una salvezza, nella creazione, rispetto a una situazione drammatica sia familiare, sia sociale. Ha trovato un riscatto nell’arte riuscendo a trasformare il dolore in creazione.”
Quale può essere il valore di questa lettura nelle scuole ed eventualmente la sua messa in scena?
Vita? O teatro? guarda al futuro e crede nella primavera in arrivo – potrei rispondere parafrasando una lettera di Rosa Luxemburg a Mathilde Jacob. Portarla nelle scuole, in teatro, aiuterebbe a costruire un futuro in cui ciò che è stato vissuto non torni a ripetersi. Tomaso Montanari ha definito Vita? O teatro? il ritratto di una generazione cancellata dalla shoah, dalla guerra, dal nazismo e dai fascismi. Mantenere in circolazione l’opera di Charlotte Salomon significherebbe, anche, apprestare un terreno e un destino diversi per la nostra generazione e per le generazioni che verranno.
Opere e vite come quella di Charlotte Salomon che influenza hanno sulla tua scrittura?
Mi ricordano che creare vuole dire scavare, studiare, perseverare. E che ogni atto creativo, compresa la scrittura, presuppone un tuffo nelle profondità del reale e della propria persona. “Si deve innanzitutto essere entrati in sé, per poterne uscire” – Man muss erst in sich gegangen sein um ausser sich gehen zu können – scrive Charlotte Salomon. Vita? O teatro? si chiude con un ritratto di Charlotte. Il titolo del suo lavoro è scritto sul suo corpo. Narrare è un atto fisico – mi suggerisce Charlotte – e, nel migliore dei casi, arriva a trasformare anche corpi e biografie in opere d’arte.
Il 16 aprile 2022 si festeggiano i 105 anni dalla nascita di Charlotte Salomon. Cosa ti piacerebbe regalarle?
I tre colori primari e il bianco con cui ha realizzato Vita? O teatro?, per proseguire il suo racconto.