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Inclusione
Non basta una connessione internet veloce

Al Gymnasium Adolf Weber a Neuhausen, un robot aiuta un'alunna con bisogni speciali a seguire le lezioni in classe.
Al Gymnasium Adolf Weber a Neuhausen, un robot aiuta un'alunna con bisogni speciali a seguire le lezioni in classe. | Foto (dettaglio): © picture alliance/SZ Photo/Robert Haas

Nel settore della formazione sta assumendo sempre più importanza lo spazio digitale. Che situazione devono affrontare alunne e alunni con disabilità? Anja Bensinger-Stolze, direttrice della sezione Scuola del Sindacato tedesco per l’educazione e le scienze (Gewerkschaft für Erziehung und Wissenschaft), parla di inclusione nel processo di digitalizzazione dell’istruzione in Germania.

Di Niko Kappel

Signora Bensinger-Stolze, che intende per istruzione digitale inclusiva?

Per me significa che la didattica digitale non deve lasciare indietro nessuno, a prescindere dall’ambiente sociale o culturale, dal sesso, dalle origini dei genitori o da un’eventuale disabilità.

Qual è la situazione dell’inclusione nelle scuole tedesche nell’era delle videochiamate e della didattica a distanza?

L’attuazione dell’inclusione, nel suo complesso, avviene in modo diversificato nei vari Länder tedeschi e ci sono differenze anche nelle strategie elaborate dalle singole scuole. Alcune sono molto valide e garantiscono che la didattica digitale non lasci indietro alunne e alunni con disabilità, ma non possono essere implementate ovunque, perché ovviamente funzionano solo laddove sussistono tutti i fattori necessari: una valida pianificazione a livello di media education, un corpo docente preparato, strumenti tecnologici adeguati nell’edificio scolastico e a disposizione di alunne e alunni, una connessione internet stabile per l’insegnante e a casa, il supporto genitoriale, ma anche tempo e pazienza in abbondanza.

In che consiste, concretamente, l’istruzione digitale inclusiva?

Ogni caso va valutato individualmente e varia in funzione della disabilità, che può essere fisica o di apprendimento. Nel caso di una verifica in classe, ad esempio, un’alunna impossibilitata a muovere le braccia detta il proprio testo all’assistente di sostegno, mentre non può farlo se è in didattica a distanza. La tecnologia può essere d’aiuto, per esempio mediante un’app di dettatura, che però deve essere messa a disponizione, e poi occorre almeno una buona connessione internet che permetta di usarla.

Il problema dell’inclusione nello spazio educativo digitale, quindi, si può risolvere grazie alle nuove tecnologie?

No, non sono sufficienti. Un buona connessione wi-fi, per quanto di fondamentale importanza, non può bastare. Secondo uno dei nostri studi, il 50% delle scuole in Germania non dispone ancora di wi-fi per alunne e alunni. E visto che stiamo parlando di tecnologia, dobbiamo aggiungere che la maggior parte dei dispositivi forniti al corpo docente non presenta tutti i requisiti necessari a svolgere il 100% delle funzioni richieste. Un esempio: molti Länder e comuni hanno acquistato portatili a basso costo, ma anche dallo spazio di memoria ridotto, programmi insufficienti e schermo troppo piccolo, per cui alla fine si è preferito ripiegare sui dispositivi privati. La cosa più importante, comunque, è fornire un’assistenza informatica professionale: non è sufficiente assegnare l’incarico a un’insegnante che per due ore a settimana si occupi dei PC della scuola, servono nuove assunzioni di personale che disponga di una formazione adeguata, altrimenti, soprattutto i bambini con disabilità non avranno alcuna possibilità nello spazio educativo digitale.

La media education è diventata un problema solo dopo la pandemia?

Certamente no, ma la didattica a distanza ha aumentato la pressione su ogni scuola, richiedendo un ulteriore sviluppo in termini di tecnologia e di educazione ai media. Durante la pandemia, nelle scuole c’è stata una spinta alla digitalizzazione ad hoc e ora le scuole devono essere aiutate a valutare le esperienze fatte e a integrare gli elementi positivi in una strategia di media education. Si può prevedere un supporto individuale, oppure anche un’offerta di lezioni di recupero, ma trovo assurdo, ad esempio, sostenere che il programma non svolto dai bambini socialmente svantaggiati possa essere recuperato durante l’estate: chi non è riuscito a stare al passo durante l’anno a scuola, come può recuperare durante le vacanze? Per questo abbiamo bisogno di personale sufficiente e preparato, che disponga del tempo e delle competenze necessari a seguire questi bambini.

Conosce qualche scuola in Germania virtuosa in questo senso?

Un buon esempio di inclusività, a mio parere, è quello dell’istituto comprensivo(*) “Alter Teichweg” di Amburgo, una scuola che fa parte di una rete di quartiere, ha vinto un premio scolastico ed è anche un centro di eccellenza per la pratica dello sport ad alto livello, e racchiude quindi molti degli elementi che auspico per una scuola inclusiva. Ha anche un piano articolato di media education, è ottimamente attrezzata dal punto di vista digitale e si impegna in particolare a garantire che nessuno resti indietro per un disagio sociale o una disabilità.
Il Presidente federale Frank-Walter Steinmeier, insieme alla presentatrice Clarissa Correa da Silva, assegna il Premio scolastico tedesco 2020-2021 Spazio alla creatività durante la pandemia e inclusione anche nello spazio digitale: sono questi gli ambiti nei quali si è particolarmente distinto l’istituto comprensivo “Alter Teichweg” di Amburgo: il Presidente federale Frank-Walter Steinmeier, insieme alla presentatrice Clarissa Correa da Silva, assegna il Premio scolastico tedesco 2020-2021 nella categoria “Allacciare relazioni in maniera efficace”. | Foto (dettaglio): © picture alliance/dpa/Bernd von Jutrczenka Cosa dovrebbe cambiare in Germania per far sì che nessun bambino o bambina con disabilità subisca uno svantaggio nella didattica digitale?

Penso che questo problema vada affrontato dalla società nel suo complesso, le scuole da sole non possono risolverlo. La politica deve garantire che le scuole vengano adeguatamente attrezzate, che il corpo docente abbia più tempo e che alunne e alunni ricevano un sostegno concepito in forma individuale per colmare le lacune che si sono generate. Dobbiamo avviare una campagna per contrastare la mancanza di insegnanti, perché senza insegnanti con un’ottima formazione pedagogica, anche le migliori strategie di media education e di inclusione lasciano il tempo che trovano. Nell’istruzione occorre investire tempo e denaro.

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(*) N.d.T.: Una Stadtteilschule, letteralmente “scuola distrettuale”, è un modello introdotto ad Amburgo in seguito alla locale riforma scolastica del 2010. Prevede un sistema “a due pilastri” che a conclusione della scuola primaria (che in Germania dura 4 anni), a prescindere dall’orientamento consigliato dall’insegnante, permette ai genitori di scegliere per i propri figli tra il Gymnasium (dal 5° al 12° anno di scuola, che si conclude con l’Abitur, il diploma di maturità che dà accesso all’università) e la Stadtteilschule, che sostituisce per la prima volta la Hauptschule, la Realschule e la Gesamtschule (tuttora sussistenti nel resto della Germania in alternativa al Gymnasium, per ottenere altri diplomi di scuola secondaria a conclusione del 10° anno di scuola, oppure un diploma di qualifica professionale) e permette di conseguire sia i suddetti diplomi, sia – a conclusione del 13° anno scolastico – il diploma di maturità. Fonte: Wikipedia.de

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