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Arcipelago di Inger-Maria Mahlke
Peccati e fallimenti sotto il sole delle Canarie

Inger-Maria Mahlke
Inger-Maria Mahlke | Foto (dettaglio): © Dagmar Morath

Se è vero che ogni famiglia infelice è infelice a suo modo, le infelicità di Ana e Felipe Bernadotte, della figlia Rosa e della governante Eulalia sono scandite dai loro fallimenti e da un peccato originale diverso che perseguita ognuno di loro.

Di Giovanni Giusti

La struttura di Arcipelago, romanzo di Inger-Maria Mahlke edito in Italia da La nave di Teseo, ci permette di risalire il corso dei loro peccati e dei loro fallimenti fino ai peccati e fallimenti di genitori e nonni. È una spirale che parte dal 2015, e come nella rappresentazione capovolta di un albero genealogico o in una saga familiare scritta al contrario, si arresta nel 1919, anno di nascita di Julio, il padre di Ana. Un libro che ci coinvolge, perché parla anche dei nostri di fallimenti e dei nostri peccati originali.

Un flashback lungo un secolo

Arcipelago di Inger-Maria Mahlke Arcipelago di Inger-Maria Mahlke | © La nave di Teseo Mahlke conosce bene la Spagna, le Canarie e la loro storia. Ha vissuto a Tenerife per molti anni e la sua conoscenza dei luoghi fisici e degli avvenimenti storici è ben rappresentata nel romanzo, a partire dallo sfruttamento economico delle isole, fino alle questioni legate alla colonizzazione del Sahara Occidentale, o al Franchismo. Questo le permette di tirare i fili disseminati nel racconto in una serie di flashback spalmati lungo un secolo, scanditi dalle sconfitte dei personaggi e dai loro lutti, ma anche dagli avvenimenti politici del Novecento.

Tutto è assolato e bello a Tenerife, tutto fiorisce, tutto tranne le vite dei protagonisti. Nel 2015 conosciamo Ana, deputata e astro nascente del Partido Popular locale. Ana ha riversato tutte le sue energie nel lavoro e poi nella politica, ma sta per essere travolta da un caso di corruzione, legato alla costruzione di una nuova isola al largo dell’arcipelago. Conosciamo suo padre Julio, novantaseienne dalla mente ancora ben salda che vive nell’ospizio per gli anziani dell’isola, tormentato dai dolorosi ricordi del fratello maggiore, vittima del Franchismo. Conosciamo Rosa, figlia di Ana e Felipe, universitaria aspirante artista che non finirà mai gli studi, conosciamo la governante tuttofare Eulalia e qualcuno dei suoi segreti. Ma soprattutto conosciamo Felipe, la figura forse più malinconica del romanzo, discendente di uno dei nobili conquistadores che secoli prima hanno colonizzato le Canarie, e che lo guardano severi dai quadri del salone del Club più esclusivo dell’isola, dove lui, metodicamente, tutti giorni si ubriaca.
 

Le porte del passato

Poi Mahlke comincia ad aprire le porte sul passato, per farci comprendere meglio il presente, in una prosa fotografica sempre precisa, con alcune ossessioni come le gocce di sudore che colano inarrestabili dai volti dei protagonisti o che si allargano a chiazze sui loro vestiti leggeri. La porta del 2007, che si apre sulla decisione di Felipe di chiudere con la carriera di professore universitario e darsi all’agricoltura, decisione che lo porterà alla completa inazione e all’alcolismo, o quella del 2000 con Ana che consuma un frettoloso rapporto sessuale con il figlio adolescente di amici di famiglia. Sempre più indietro, con la storia delle donne della famiglia di Eulalia, tra povertà, prostituzione e spaccio di droga, con le morti, più o meno tragiche, di padri, madri, fratelli e sorelle, con la vita più che infelice di Francisca, la mamma di Felipe. Sempre più indietro, agli anni dell’ascesa di Franco e ancora prima.

Come sopravvivere

Uno dei mille personaggi secondari di Arcipelago, il tedesco Heinrich, deciderà nel 1950 di coltivare fiori nell’isola, per una questione di luce, dice, per la giusta distanza dall’Equatore, dice, perché “ogni pianta della terra germoglia qui. Se poi sopravvive è un’altra questione”. Ecco, forse è proprio il “se” e il “come” sopravvive l’essere umano il tema del romanzo di Mahlke. E nonostante il pessimismo che lo pervade, ci lascia con la speranza, amara o forse no, del brindisi “al futuro” che lo chiude, nel 1919, con la nascita di Julio.

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