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“Fuoco” di Shida Bazyar
Come rimediare al fallimento sul razzismo

Shida Bazyar alle Giornate italo-israeliane della Letteratura, edizione 2016, presso la fondazione Heinrich Böll, Berlino.
Shida Bazyar alle Giornate italo-israeliane della Letteratura, edizione 2016, presso la fondazione Heinrich Böll, Berlino. | © Heinrich-Böll-Stiftung | Foto (dettaglio): stephan-roehl.de

Cosa è vero e cosa non lo è nel romanzo di Shida Bazyar “Fuoco” (Fandango Libri, 2022)? Quello che è vero ce lo dice esplicitamente sin dall’inizio attraverso la scrittura aggressiva della sua alter ego, la narratrice Kasih, che prende di petto il lettore già dalla prima pagina. Quello che invece non è vero ce lo dirà solo alla fine.

Di Giovanni Giusti

Un palazzo è andato a fuoco in una zona popolare. Sono morte delle persone. Immigrati, come lei. E Saya, la sua amica del cuore, è stata arrestata per questo. È un flusso di coscienza inarrestabile quello di Kasih, che in una notte di scrittura compulsiva innescata da questa tragedia racconta la sua vita e quella delle sue amiche Saya e Hani. O meglio, racconta quello che lei ritiene utile che il lettore debba sapere. Scopriremo il suo nome solo dopo un’ottantina di pagine, menzionato quasi per caso, non sapremo mai da quale parte di un generico “Medio oriente” la sua famiglia è fuggita, né qual è la città della Germania dove vive.

Amiche da sempre e per sempre

"Fuoco" di Shida Bazyar | Fandango Libri 2022 | traduzione di Lavinia Azzone Fuoco di Shida Bazyar | traduzione di Lavinia Azzone | Fandango Libri 2022 Kasih, Hani e Saya sono le “sorelle di lotta” del titolo originale, Drei Kameradinnen (Kiepenheuer und Witsch Verlag, 2021), che riecheggia, anche come fonte di ispirazione, la vicenda dei Tre camerati reduci di guerra raccontata nel romanzo di Erich Maria Remarque degli anni Trenta del secolo scorso. Sono tre ragazze arrivate in Germania da profughe, ma che hanno studiato e si sono integrate, pur vivendo in quartieri ghetto, circondate da forme più o meno striscianti di razzismo cui ognuna reagisce in modo diverso. Amiche da sempre e per sempre, compagne. Sorelle di lotta.

Kasih, nonostante tutte le reticenze, ci racconta la sua vita, con l’incendio e l’arresto che diventano il pretesto per giustificare il suo sfogo notturno, in una serie di parentesi che apre e chiude di continuo, flashback apparentemente disordinati che escono fuori dal nulla, da una parola sentita, da un volto, senza un ordine cronologico preciso, ma che riescono sempre a tenerci dentro la storia. La sua, intanto, che si definisce “ragazza” secondo la cultura tedesca, ma che nel suo Paese d’origine avrebbe già dei figli adolescenti, arrabbiata, frustrata perché nonostante una laurea in sociologia a pieni voti non riesce a trovare lavoro, e delusa dagli uomini, soprattutto dall’ex fidanzato Lukas. Quella di Saya, forse la leader del gruppo, “quella intelligente, quella che intuisce sempre tutto, quella che sa tutto, quella che pensa più veloce di tutti gli altri”, che tiene workshop sull’integrazione e lotta, anche in forme piuttosto maniacali, contro il nazismo in rete. Quella di Hani, segretaria sfruttata ma felice, che riesce perfino a ottenere un aumento di stipendio.

Ascoltare Kasih

Drei Kameradinnen, Shida Bazyar | Kiepenheuer & Witsch, 2021 Drei Kameradinnen von Shida Bazyar | Kiepenheuer & Witsch, 2021 Kasih in questa notte di scrittura, in questa notte di corpo a corpo con il lettore, costruisce un mondo che è tedesco, europeo, ma che è popolato anche da persone “non bianche” come le definisce, contrapposte ai “bianchi” tedeschi. Mentre fa crescere la nostra angoscia per quello che è successo, per come ci si è arrivati, per la sorte di Saya. E alla fine del romanzo avrà tutta la nostra comprensione, la nostra simpatia, nonostante ci abbia trattato abbastanza ruvidamente per oltre trecento pagine, e non solo perché, nonostante i temi trattati, ci ha regalato anche qualche momento divertente, come la messa in scena di un finto talk show anni ’90.

Vorremmo parlarci con Kasih, conoscerla meglio, confrontarci con lei sull’integrazione e sul razzismo. Vorremmo rimediare anche noi al nostro “fallimento sul razzismo”, riecheggiando una citazione che appare nel libro. Ed ecco, per rimediare, già ascoltare persone come Kasih aiuterebbe. È da qui, anche, che si capisce quanto il lavoro di Shida Bazyar sia riuscito, un romanzo compiuto che non è solo una storia ben raccontata, ma una profonda riflessione sull’immigrazione di un’autrice che sa benissimo di cosa parla, nata lei stessa in Germania da genitori fuggiti dall’Iran della rivoluzione islamica.

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