Donatella Di Pietrantonio
L’età fragile
Foto della scrittrice Donatella Di Pietrantonio e copertine italiana e tedesca del romanzo L'età fragile – Die zerbrechliche Zeit | Foto della scrittrice: © AGF Bridgemann Images
Con “L’età fragile” (Einaudi 2023), Donatella Di Pietrantonio ha vinto il maggior riconoscimento letterario italiano, il Premio Strega 2024. Il romanzo esce in Germania in occasione della Fiera del Libro di Francoforte, che in quest’edizione vede l’Italia Ospite d’Onore. Da quando è stata insignita della prestigiosa onorificenza, l’autrice ha viaggiato molto, riuscendo tuttavia a concederci un’intervista per il Goethe-Institut. Ci siamo incontrate online, lei dalla sua stanza a Penne, in Abruzzo, la sua regione natale.
Di Sarah Wollberg
Il Premio Strega Giovani
A Donatella Di Pietrantonio è andato quest’anno anche il Premio Strega Giovani 2024, assegnato da studentesse e studenti da tutta Italia tra i 16 e i 18 anni di età che hanno accolto il suo libro con entusiasmo e commozione. L’autrice, che ne è stata letteralmente sorpresa, se lo spiega così: i giovani hanno provato forte vicinanza con la protagonista Amanda, una giovane che non ha mai avuto grossi problemi ed è sempre tranquillamente andata per la sua strada, fin quando, trasferitasi nella grande città, è stata colta da un blocco interiore. Non essendo una vincente, è tornata a casa al paese, scegliendo di chiudersi nel silenzio della sua stanza. L’autrice ne descrive le difficoltà e la fragilità, senza giudicarla e dando spazio a un aspetto che raramente accettiamo, ossia il fatto che nella vita si possa anche fallire. «Noi tendiamo a idealizzare i giovani, tutti forti, imbattibili e pieni di energie» – racconta – «oppure, all’esatto opposto, li percepiamo come viziati, pigri, dipendenti dal digitale”. Possibile che non ci sia una via di mezzo? «Ma certo che c’è. Noi adulti dobbiamo cambiare il nostro atteggiamento con i giovani: quando offriamo un’alternativa, loro la accolgono». Ed è proprio questo che fa la scrittrice con il suo romanzo.L’Abruzzo, un luogo come forma narrativa
Mentre parlo con Donatella Di Pietrantonio, lei si sta prendendo una pausa dal tour che comporta il Premio Strega. È a casa, nella sua regione natale, l’Abruzzo, dove ha scelto di ambientare il romanzo. Fin dalle prime pagine, si ha la sensazione che la voce narrante sia il paesaggio montano stesso, con un linguaggio ruvido, eppure poetico, che ci conduce tra i boschi, nei pressi del Dente del Lupo. «Proprio così» – conferma – «il legame con il luogo dal quale provengo è molto stretto e ambivalente: è qui che sono nata e cresciuta, sono figlia di questi posti, ma è un fatto che può anche rivelarsi doloroso, perché il posto è veramente piccolo, molto isolato e povero». Di Pietrantonio proviene da una famiglia di pastori, nella quale gli adulti dovevano sempre lavorare mentre lei, da bambina, si è sentita sola e abbandonata. «Sarei una persona molto diversa, se non fossi nata proprio qui». Questo legame così forte si ripercuote nei suoi libri: fin dal primo romanzo, ha sentito l’impellente necessità di raccontare la storia di questi luoghi. L’Abruzzo le ha dato la voce e lei è diventata la voce dell’Abruzzo, in un gioco di emozioni, come il suo rapporto con il luogo stesso.Il rapporto madre-figlia come leitmotiv
Il rapporto madre-figlia si rivela centrale in tutti i suoi romanzi: «La relazione con il materno è la mia ossessione, e questo deriva dalla mia esperienza personale». In questo senso, L’età fragile segna una svolta: non è più una figlia adulta a raccontare il conflitto con sua madre; per la prima volta, infatti, il romanzo è scritto dal punto di vista della madre. «Le madri sono molto sole e oggetto di grandi pretese, non possono mai sbagliare, devono avere super poteri, ed essere onnipotenti». L’autrice rompe con l’ideale dell’istinto materno e della sua magia: Lucia è una madre che dà voce alle proprie paure, ai tanti dubbi ed errori. Si sente smarrita e ammette di non riuscire a capire la figlia. Non sapeva perché Amanda da bambina piangesse e non sa perché ora, da giovane adulta, rimanga in silenzio. «Concedere l’io alla madre che si presenta con tutti i suoi difetti, le sue mancanze, le sue inadeguatezze, per me questo è stato molto importante, perché credo che coincida con un mio perdono, con il mio assolvere la madre». Di Pietrantonio concede non solo alla gioventù, ma anche al ruolo di madre la libertà della fragilità, e, forse per la prima volta, si astiene da un giudizio. La cosa più bella che le è capitata durante un reading – racconta – è stata l’intervento di un ragazzo che ha detto: «Mi sono messo nei panni di mia madre. Per la prima volta ho capito che cosa ha passato mia madre con me, quello che sentiva mia madre».Rimozione collettiva, memoria collettiva
Dalla sua stanza, l’autrice vede le montagne che negli anni ‘90 sono state scenario di un duplice femminicidio, un episodio del quale per molti anni non si è più parlato. Lei stessa non ci ha più pensato, finché un giorno, sull’autostrada verso Roma, ha guardato le montagne innevate e il ricordo le è riaffiorato alla mente. «Perché non ci ho mai più pensato, malgrado la mia ottima memoria? Perché non ne abbiamo più parlato?» – si è chiesta. E poiché questo meccanismo di rimozione collettiva non le dava pace, ha effettuato delle ricerche di archivio, sentendo sempre più impellente il bisogno di scrivere, e lavorando al libro è finalmente giunta a una risposta: un duplice femminicidio e una sopravvissuta avevano distrutto la visione idilliaca che avevano avuto del proprio luogo natale. Il paesaggio montano, che fino ad allora era stato un posto sicuro e quasi da fiaba per la comunità, improvvisamente non lo era più. Per questo motivo hanno rimosso la brutalità di quegli eventi e non ne hanno più parlato, come se fosse un segreto di famiglia. «Secondo me noi abbiamo messo questo fatto nel grande magazzino del non detto, perché era un episodio che scardinava completamente la narrazione che noi ci facciamo del nostro luogo. Per riappropriarci del luogo e dell’identità del posto e della nostra comunità, abbiamo dovuto fare questa operazione». Per l’autrice, è arrivato il momento di ripescare i tragici eventi da quel calderone, raccontando la violenza e facendo in modo che ci colpisca in tutta la sua crudeltà, senza però costringerci a distogliere lo sguardo, conservando intatta l’anima del posto, senza abbellirla. E forse uno degli obiettivi del romanzo è stato proprio questo.Un dialogo per l’Italia, Ospite d’Onore a Francoforte
Di Pietrantonio e molte altre sue colleghe e colleghi hanno deciso di partecipare alla Fiera del Libro di Francoforte, nonostante il dibattito politico interno, chiedendo congiuntamente, in una lettera all’Associazione Italiana Editori, più tempo e spazio per un tema particolarmente importante: la libertà di espressione. «Noi abbiamo molto bisogno di parlarci e di confrontarci con altre autrici e altri autori di altri Paesi su questo tema», sottolinea. «Non vogliamo parlare solo dei nostri libri. Vogliamo uno spazio per indirizzare le nostre voci verso quest’argomento e permettere un dibattito in merito». Siamo certi che Francoforte sarà una buona piattaforma di scambio tra scrittrici e scrittori di ogni provenienza e attendiamo con entusiasmo Donatella Di Pietrantonio e tutti gli argomenti che porterà dal suo Paese.L’autrice e l’editore tedesco
«L’elemento decisivo che ci ha convinti a inserire Donatella Di Pietrantonio nel programma della casa editrice tedesca Antje-Kunstmann, con il suo primo libro Mia madre è un fiume (Meine Mutter ist ein Fluß, 2013) si può riassumere in un concetto fondamentalmente semplice: la qualità letteraria. Approfondendo poi la conoscenza dell’autrice e sperimentandone il carattere umile ed estremamente simpatico, è stato un vero piacere continuare a pubblicare le sue opere fino ad oggi». Moritz Kirschner, editore, casa editrice Antje-Kunstmann.L’età fragile uscirà in Germania il 17 ottobre presso Antje-Kunstmann con il titolo Die zerbrechliche Zeit nella traduzione di Maja Pflug.
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