Fiducia nelle scienze
Di incertezze e di timidi residui di speranza
Esistono fatti oggettivi e ci sono di aiuto nel combattere il cambiamento climatico? Due membri di “Scientists for Future” parlano del modo in cui la società tratta gli scienziati e del perché essi sono riluttanti a fornire raccomandazioni pratiche.
Di Natascha Holstein
Signora Bühler, signor Landschoff, direste che la fiducia nelle scienze, soprattutto per quel che riguarda il dibattito sul clima, è diminuita negli ultimi anni?
Janica Bühler: Proprio negli ultimi anni ho avuto la sensazione che la fiducia nella scienza sia piuttosto aumentata. Durante la pandemia di coronavirus, ad esempio, il podcast del Prof. Dr. Drosten ha avuto un relativo successo e in molti se ne sono occupati. Il dibattito sul clima è passato un po' in secondo piano durante la pandemia, prima avevo la sensazione che i miei conoscenti mi chiedessero sempre più spesso di spiegare loro le connessioni. D'altra parte, naturalmente, le cose sono evolute in modo più estremo anche nell'altra direzione. Ci sono persone che sono dell’idea che gli scienziati dicano solo sciocchezze. Nel complesso, però, rimane la sensazione che ci sia molta più gente che ha fiducia nella scienza e invece poche voci, ma purtroppo molto forti, che si oppongono a questa fiducia.
Jöran Landschoff: Anch’io mi assocerei a loro. Francamente, la scienza è in crisi dall'inizio del XX secolo. Prima si pensava che la scienza fosse qualcosa di fondamentalmente positivo. La questione di un uso improprio non si poneva neppure. Poi, però, con le catastrofi del XX secolo è diventato chiaro quanto la scienza possa essere pericolosa. Anche il regime nazista è stato visto come una perversione della scienza illuministica: scienziati e medici hanno fatto esperimenti umani e fondato il razzismo in nome della scienza. Poi fu sviluppata la bomba atomica. Sono tutte cose che hanno scosso a buon diritto la fiducia nella scienza.
Nell'era post-fattuale – esistono fatti che possano definirsi scientifici?
Jöran Landschoff: È proprio attorno a questo problema che ruota la scossa alla fiducia nella scienza di cui parlavamo prima. Forse un esempio: oggi abbiamo grandi dibattiti sociali sul genere, sul razzismo, ma anche sulla verità. C'è un numero incredibile di argomenti e studi dalle prospettive più svariate e con gli stessi dati possono essere fatte affermazioni diverse. La scienza lo ha riconosciuto quasi 100 anni fa e, in un certo senso, questa riflessione le si è ritorta contro. Ecco da dove viene il post-fattuale. Abbiamo, però, sistemi di verifica, ovviamente. Il nostro mondo accademico si basa sulla lettura reciproca di ciò che scriviamo e sul rendere pubblici i nostri ragionamenti proprio perché la gente possa criticarli
Il fatto che i risultati siano probabili solo sotto certi presupposti non significa, però, che siano sbagliati.
Janica Bühler
Cosa dovrebbe accadere nella società, nei media, nella politica e anche da parte degli stessi rappresentanti scientifici affinché si promuova il riconoscimento delle prove scientifiche?
Janica Bühler: Sembra un po' banale, ma tutti devono imparare a maneggiare questi dati. Dopo essere venuta dalla fisica quantistica, ho dovuto imparare a interpretare i dati climatici. Mi piacerebbe vedere (più) statistica insegnata nelle scuole. Senza una conoscenza di base, è molto facile essere ingannati. Inoltre, anche i processi nelle scienze devono essere più trasparenti. In questo campo stiamo facendo progressi: Il podcast del Prof. Dr. Drosten ha anche affrontato e spiegato molte incertezze che sono abbastanza normali e importanti in qualsiasi scienza naturale, e sono sicura che è per questo che ha avuto così tanto seguito.
Jöran Landschoff: Sì, proprio questa gestione trasparente delle incertezze è importante e potrebbe anche essere ricompensata con una maggiore fiducia da parte del popolo. Per quanto riguarda le scienze stesse, invito a spingere le nostre ricerche più ai limiti e guardare: in quali situazioni valgono i risultati e in quali non valgono più? Per quanto riguarda i media e la politica, dobbiamo comunicare più apertamente cosa significa “scientificamente provato”. Non significa che sia vero e che non possa mai essere ritrattato.
Data l'urgenza, è forse particolarmente importante nel discorso sul clima ascoltare e capire le prove scientifiche? È questo l'unico modo in cui il cambiamento può avvenire?
Jöran Landschoff: Si potrebbe molto semplicemente rispondere alla domanda con un “sì”, ma non saremmo scienziati se potessimo rendere le cose così facili. Le persone non cambiano il loro comportamento in base ai grafici sulle temperature. Molti credono ancora che ci sia una mancanza di conoscenza, ma la conoscenza è accessibile quasi a tutti. Bisogna solo dedurre cosa fare adesso e la scienza non può farlo. Naturalmente sappiamo che dobbiamo ridurre le emissioni e, per esempio, che non dovremmo più consumare carne. Ma ogni cambiamento porta con sé altri problemi, e allora le cose diventano rapidamente molto complesse.
La difficoltà sta nel mettere insieme le conoscenze di tutte le scienze.
Jöran Landschoff
Scientists for Future si esprime sulle raccomandazioni per le azioni dirette e ne sostiene alcune. Che ruolo ha questa iniziativa nel dibattito sul clima, e che ruolo dovrebbe avere?
Janica Bühler: Facciamo parte della grande scena dell'attivismo climatico in Germania. Ci vediamo come un comunicatore tra i diversi gruppi. Gli attivisti di Fridays for Future si sono mossi molto negli ultimi anni. Il nostro ruolo è più di sostegno. Diamo un fondamento scientifico agli scioperi. Tuttavia, bisogna fare attenzione: non siamo tutti scienziati del clima e anche tra di loro ci sono molte specializzazioni, come me per esempio. Inoltre noi come individui non siamo esperti di tutto ciò che accade nel sistema climatico. La mia opinione personale su alcuni argomenti non ha quindi un fondamento migliore rispetto a quella di un politico o di un cittadino ben informato. Pertanto, teniamo al fatto che nella nostra rete siano presenti le più diverse correnti scientifiche.
Jöran Landschoff: Da questo è anche derivato il fatto che facciamo attivamente un lavoro educativo. Come gruppo regionale di Heidelberg, abbiamo una lista di esperti con relatori che diamo su richiesta, e noi stessi vorremmo andare direttamente nelle scuole a informare gli studenti. Anche nello stesso mondo accademico vogliamo stimolare l’attenzione nei riguardi dei cambiamenti climatici. In questo modo, abbandoniamo il ruolo di scienziati classici. Tuttavia, è qualcosa che gestiamo in modo aperto.
La crisi di coronavirus ha capovolto molte cose. Da un lato, le emissioni stanno leggermente diminuendo, dall'altro, il consumo di maschere monouso, di guanti di plastica, ecc. sta aumentando. Come pensate che usciremo dalla crisi, siete cautamente ottimisti o piuttosto pessimisti in relazione agli sviluppi per frenare il cambiamento climatico?
Jöran Landschoff: In realtà sono sempre piuttosto pessimista. Nonostante i movimenti all'interno della società, è diventato evidente che la politica, l'economia e la società sono ancora sistemi estremamente rigidi. Le persone ricorrono a pratiche consolidate, anche se non è affatto provato che funzionino bene. Per esempio, abbiamo naturalmente un grande problema di consumo e la risposta è che dobbiamo continuare ad aumentare la crescita economica? Inoltre, non c'è un grande interesse a garantire una produzione ecologica dei beni e delle filiere regionali. Penso che il modo in cui sono stati trattati i grandi macelli in estate sia stato sintomatico del problema.
Una catastrofe sociale ed ecologica è visibile a tutti, e praticamente nulla è cambiato.
Jöran Landschoff
Anche altri sviluppi mi avevano fatto sentire positiva in precedenza: il buco nell'ozono, per esempio. Alla prima conferenza su questo tema, sono state adottate misure assolutamente inadeguate. Nel frattempo, è diventato scontato smettere di emettere CFC. Naturalmente, il cambiamento climatico è molto più complesso da un punto di vista politico, ma le cose stanno cambiando. Ci sono anche sviluppi positivi nella transizione energetica. Gli investitori forse non si preoccupano molto della sostenibilità, ma anche qui si può vedere che finanziano sempre meno aziende che non hanno una gestione realistica del rischio e non tengono conto del cambiamento climatico. È tutto ancora troppo lento, ma le cose stanno evolvendo.
Jöran Landschoff: Giusto, e se nonostante tutto non mi restasse un residuo di speranza, non sarei un membro di Scientists for Future.
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