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CO2lonialismo | di MATILDE ALVIM
Il nesso tra colonialismo e giustizia climatica

1° aprile 2021, Lisbona, Praça dos Restauradores: su un manifesto di Galp (un fake) si legge: “Il nostro futuro è ‘CO2LONIALISMO’”.
1° aprile 2021, Lisbona, Praça dos Restauradores: su un manifesto di Galp (un fake) si legge: “Il nostro futuro è ‘CO2LONIALISMO’”. | Foto (dettaglio): © Climáximo

Quando ho cominciato a occuparmi delle implicazioni della crisi climatica, la mia visione del problema era molto limitata. Avevo l’impressione di trovarmi di fronte a un enorme problema aritmetico: evitare a tutti i costi un aumento di 1,5°C della temperatura, riducendo le emissioni. Non ho impiegato molto, però, a rendermi conto che la crisi climatica non si può ridurre a un fatto matematico e che se vogliamo salvare il nostro pianeta dobbiamo anche affrontare la questione della giustizia sociale e smantellare le strutture co2loniali e imperialiste.

Di Matilde Avim

Nel concetto di “giustizia climatica” è sottesa l’idea che questa crisi climatica globale abbia dei colpevoli eccellenti: da un lato grandi multinazionali che sfruttano i combustibili fossili, dall’altro banche e governi coinvolti in questi processi. Global player per lo più europei o statunitensi, mossi unicamente da interessi economici, profitto, ricchezza e potere, senza alcun riguardo per le persone e l’ambiente. Suona stranamente familiare, no? Il capitalismo affonda le sue radici nel colonialismo, che ha portato gli Stati europei a posizioni di predominio territoriale ed economico e all’accumulo di ricchezza. Formalmente il colonialismo non può più esistere, eppure, in realtà, si è soltanto ingegnosamente camuffato.
 
Usiamo il termine CO2lonialismo quando parliamo di colonialismo fossile, in generale in riferimento allo sfruttamento dei combustibili fossili nel Sud globale da parte delle corporazioni del Nord globale, attività che favoriscono la catastrofe climatica e perpetuano il modello estrattivo coloniale. Un esempio: Cabo Delgado in Mozambico, una regione che dispone di gas naturale fossile, afflitta negli ultimi anni da un’estrema militarizzazione, attacchi terroristici e disastri climatici che hanno costretto le comunità autoctone a lasciare le loro terre. Secondo una grafica pubblicato dal collettivo internazionale di attivisti Gastivists, le compagnie di assicurazione, le aziende e le banche europee sono i principali responsabili di questo caos politico, poiché rivendicano diritti sulla nona riserva di gas più grande del mondo. Tra loro, l’azienda portoghese di combustibili fossili Galp, la banca portoghese Millennium BCP e l’azienda portoghese di costruzioni Mota-Engil.
 
Dopo gli attacchi terroristici di marzo 2020, i media portoghesi hanno ampiamente riferito sulla situazione a Cabo Delgado, eppure il dibattito pubblico che ne è seguito non ha sufficientemente focalizzato l’attenzione sulla responsabilità di Galp in questo contesto. Poco tempo dopo, già ad aprile 2020, Climáximo con altre organizzazioni ha lanciato l’azione Galp must fall, mettendo in evidenza l’attività colonialista di Galp sia in Mozambico, sia in altre ex colonie portoghesi. Avendo partecipato io stessa all’iniziativa, mi sono resa conto dell’importanza del focus anticoloniale per riunire moltissime persone in un “twitter storm” e generare un’incredibile attività live su Instagram con artiste e artisti dei Paesi PALOP(*). Per chiamare all’azione per il “digital strike”, Fridays for Future ha realizzato con Justiça Ambiental Mozambique un video di mobilitazione, nel quale l’attivista Kate spiega: “In Mozambico le comunità di Cabo Delgado si confrontano con la compagnia Galp, che vuole sfruttare il gas sulle loro terre. Questo progetto estrattivista colonialista deve essere bloccato. JA! – Justiça Ambiental sta reclamando i diritti di queste comunità e della natura”. Il 1° aprile 2021 Lisbona è stata tappezzata di falsi manifesti di Galp con la scritta “Il nostro futuro è Co2lonalimus”, realizzati nell’ambito della campagna degli attivisti Gastivists Clean gas is a dirty lie che ha coinvolto anche organizzazioni del Mozambico come JA!, sottolineando le responsabilità di Galp nella crisi climatica.
 
Ma il colonialismo della CO2 non si nota solo in Mozambico. Le sue strutture devono essere distrutte dagli abitanti del Sud globale con tutta la solidarietà della popolazione del Nord globale. Al Forum sociale mondiale di gennaio 2021, insieme a Jawad Moustakbal di ATTAC/CTDM Marocco ho presentato il Glasgow Agreemet. Nella presentazione, Jawad ha affermato: “La nostra missione come persone del Sud globale non è solo metterci al passo con la cosiddetta ‘modernità occidentale’, ma anche e soprattutto risolvere e superare i problemi creati dalla civiltà occidentale. Sta a noi sostenere gli altri popoli del Sud globale [...] e trasmettere loro le nostre conoscenze tradizionali in favore della coesistenza tra persone e con agli altri esseri viventi della Terra”.
 
E così, aumentando il mio impegno attvista, mi sono resa conto di quanto siano strettamente interconnesse le strutture capitaliste e colonialista. Come attivista del Nord globale, sento che è nostro dovere dimostrare solidarietà con le organizzazioni che vogliono lottare per la giustizia delle loro comunità.
 
Nel prossimo articolo del blog, Belén e Carmen approfondiranno la questione dei rifugiati climatici del Sud globale, altro problema che non può essere dissociato dal colonialismo.

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(*) N.d.T.: I 6 Paesi africani di lingua ufficiale portoghese, ossia Angola, Capo Verde, Guinea-Bissau, Mozambico, São Tomé e Príncipe e Guinea Equatoriale.

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