A colloquio con Bénédicte Savoy
La restituzione è come la caduta del Muro

Bronzi del Benin conservati presso il Museo MKG di Amburgo
Bronzi del Benin conservati presso il Museo MKG di Amburgo | Foto (dettaglio): © Daniel Bockwoldt/dpa

La nota storica dell’arte Bénédicte Savoy è esperta di sottrazione di beni culturali con la violenza delle guerre e del colonialismo. Un’area di ricerca che riguarda tutti noi, in Europa, in un momento storico che offre una nuova opportunità ai musei e a chi li visita.

Di Sarah Wollberg

Al museo a occhi spalancati

“Visitando un museo, oggi, dovremmo spalancare gli occhi”. È il prezioso consiglio che ci dà Bénédicte Savoy, spiegando che ogni volta che entriamo in un museo di arte africana, dovremmo chiederci di che tipo di oggetti si tratti, cosa ci dicano, cosa ci raccontino. Perché non è la stessa cosa osservare una statuetta del XVI secolo, arrivata attraverso il commercio pre-coloniale, oppure un’altra del XIX secolo, ottenuta quindi in piena epoca coloniale. Negli ambienti di ricerca si parla anche di Guerra Mondiale Zero, prosegue Savoy, ossia di una massa di guerre che hanno depredato i Paesi africani di oggetti arrivati in Europa con la violenza. ll pubblico di un museo, oggi, dovrebbe sviluppare una consapevolezza storica di questo lato dell’Europa e di ciò che hanno perso i Paesi africani con la sottrazione di beni culturali.

Humboldt Forum, tra trasparenza e orrore

In seguito ad alcune divergenze, Bénédicte Savoy ha lasciato il comitato consultivo di esperti dell’Humboldt Forum del quale faceva parte. Ora ha visitato il museo, appena inaugurato nel quartiere berlinese Mitte, ed è rimasta positivamente sorpresa dalla trasparenza delle informazioni. “È una novità la descrizione esplicita degli oggetti nella sala dedicata alla colonia del Camerun, per esempio!”, esclama. “Ci si rende perfettamente conto che i reperti esposti sono il frutto di spedizioni militari imponenti e sanguinose”. Finalmente trasparenza, quindi, ma tanta chiarezza ha anche un effetto scioccante. Savoy, nonostante la lunga esperienza e i numerosi anni di ricerche sulla sottrazione di opere d’arte, sgrana gli occhi mentre ce lo racconta: “Ero inorridita, nemmeno io ero preparata a una scoperta di questa portata, non mi aspettavo che ogni singolo reperto esposto fosse intriso di sangue”. Una violenza così palpabile e opprimente che sembra riempire da sola la sala espositiva, lasciando svanire tutto il resto e l’intera esperienza museale. La richiesta che avanza a gran voce è questa:

Non possiamo fermarci alle constatazioni, è ora di compiere un altro passo!

Il Muro è crollato

“Quando un giorno si concretizzerà la restituzione, sarà come la caduta del Muro di Berlino”, sentenziò l’allora Ministro della Cultura della Repubblica del Benin a Bénédicte Savoy e al suo collega Felwine Sarr, mentre sul posto stilavano per la Francia i punti chiave per la restituzione dei beni coloniali saccheggiati. Dubitava che potesse mai accadere, ma allo stesso tempo era consapevole del fatto che avrebbe comportato un enorme cambiamento geopolitico nel sistema museale e nel patrimonio culturale. Le prime richieste di restituzione da parte dei Paesi africani risalgono agli anni Sessanta. Per decenni i Paesi europei hanno reagito opponendo resistenza e senza compiere un solo passo in quella direzione. La Nigeria ha chiesto alla Germania la restituzione dei bronzi del Benin già nel 1972, e all’epoca parlava solo di prestito permanente di alcuni reperti, eppure anche su questo è arrivato il rifiuto di Berlino, attraverso i responsabili della Fondazione prussiana per il patrimonio culturale. La Germania e altri Paesi europei non erano disposti a discutere la questione.

Bénédicte Savoy
Bénédicte Savoy | Foto (dettaglio): © Peter Rigaud co Shotview Artists BS
Ora, però, è arrivato il momento. Nel novembre 2021, dopo anni di negoziati, la Repubblica del Benin è diventata il primo Stato dell’Africa subsahariana a rientrare in possesso di una parte sostanziale del proprio patrimonio culturale da una ex potenza coloniale: la Francia ha restituito al Benin 26 oggetti di grande valore, oggi esposti nella grande città di Cotonou.

Da poco più di un anno la Germania ha avviato un intenso dialogo con la Nigeria e restituirà una parte dei bronzi del Benin reclamati ormai da cinquant’anni.

Ci è voluto più di mezzo secolo, ma in quel muro, ormai, la breccia è aperta e ora si tratta di smantellare il resto. Ogni Paese lo farà secondo i propri tempi, con i propri tabù, le proprie difficoltà, il proprio budget, ma così sarà, indietro non si può più tornare. “Sono estremamente fiduciosa, non c’è alcun modo di evitarlo!”. E se ci crede Bénédicte Savoy, ci crediamo anche noi. Abbasso tutti i muri!

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