Smart working
La generazione del lavoro ibrido

New York: Nick Holzthum è in sedia a rotelle e alla fermata di Parkchester, nel Bronx, deve a faticare non poco per accedere al binario: sebbene questa stazione della metropolitana sia stata ristrutturata nel 2010 e l’ingresso, da allora, sia in piano e dotato di sbarra automatica per passeggeri in sedie a rotelle, carrozzine e valigie con ruote, mancano degli ascensori per raggiungere la banchina del treno.
New York: Nick Holzthum è in sedia a rotelle e alla fermata di Parkchester, nel Bronx, deve a faticare non poco per accedere al binario: sebbene questa stazione della metropolitana sia stata ristrutturata nel 2010 e l’ingresso, da allora, sia in piano e dotato di sbarra automatica per passeggeri in sedie a rotelle, carrozzine e valigie con ruote, mancano degli ascensori per raggiungere la banchina del treno. | Foto (dettaglio): © picture alliance / ZUMAPRESS.com / Erik Mcgregor

Con il ritorno del personale in ufficio, nell’estate del 2022 si accende un vivace dibatto, e non solo nelle grandi aziende internazionali del settore tecnologico. Anche in Germania sono molti i dipendenti che vorrebbero restare a casa. Cosa rende tanto interessante lo smart working?

Di Petra Schönhöfer

Elon Musk, CEO della Tesla, ha fatto scalpore per aver categoricamente rifiutato lo smart working per i suoi dipendenti, nel giugno 2022. Anche Google chiede al proprio personale il ritorno in presenza per almeno tre giorni alla settimana. Il capo di Twitter Parag Agrawal lascia invece piena libertà ai singoli dipendenti, che possono decidere in autonomia da dove lavorare. In Apple, Amazon e Microsoft, in seguito a massicce proteste da parte del personale, è possibile negoziare un modello di lavoro ibrido direttamente con i superiori.

La Silicon Valley trema e il dibattito mostra con chiarezza il cambiamento portato dalla pandemia nel mondo del lavoro. Secondo uno studio dell’americana Pew Research, già nel dicembre 2020 il 54% di chi durante la pandemia aveva lavorato in smart working dichiarava di voler proseguire interamente o in parte in modalità agile anche nel post-pandemia. Riguardo alla Germania, “Hopes and Fears 2022”, studio internazionale sul mercato del lavoro realizzato dai consulenti del lavoro della PricewaterhouseCoopers (PwC), è giunto alla conclusione che solo il 5% delle persone che lavorano in smart working desidera ricominciare ad andare ogni giorno in ufficio.

E in effetti un sondaggio condotto nel 2022 dall’americana Tracking Happiness ha rilevato che il lavoro in modalità agile migliora del 20% la soddisfazione dei dipendenti, e che si tratta di un dato su scala mondiale, visto che lo studio è stato effettuato su un campione di persone in America del Nord e del Sud, Asia ed Europa.

È davvero meglio lavorare in smart working?

Opportunità di inclusione

Lavorare da casa può essere un’ottima alternativa, soprattutto per le persone diversamente abili. Chi ha una disabilità fisica vive in uno spazio già adeguatamente attrezzato e privo di barriere architettoniche e trae vantaggio dal non doversi spostare per andare al lavoro, cosa che può rappresentare una vera e propria sfida per una persona non vedente o non deambulante. Lo smart working, tra l’altro, può ridurre il rischio di contagio in tempi di pandemia. Chi presenta disabilità psichiche, inoltre, trova tra le mura domestiche la sicurezza della quale necessita per sviluppare appieno la propria produttività.

Philipp Kahn-Pauli dell’ONG RespectAbility ha persino osservato un piccolo aumento della quota di lavoratrici e lavoratori con disabilità sul mercato del lavoro statunitense, durante la pandemia: “Nel marzo 2020, il tasso di occupazione delle persone in età lavorativa affette da disabilità era del 34,9%”, mentre a maggio 2022 la percentuale si attestava al 37,8%. “Questo significa, rispetto al pre-pandemia, nel mercato del lavoro si sono integrate più persone con disabilità”.

“Allo stesso tempo, lo smart working permette il successo dell’inclusione solo se non sussistono barriere per una completa accessibilità online”, sottolinea Jonas Karpa, direttore di Sozialheld*innen e.V.. “Viene garantita a tutti una comunicazione efficace? Gli strumenti online sono comprensibili e utilizzabili da tutti?”. Inoltre non sono solo le persone affette da disturbi psichici a percepire maggiormente la sensazione di solitudine: è esposto a rischio di isolamento sociale anche chi ha disabilità uditive o dello spettro autistico e nel luogo di lavoro trova spesso l’unica opportunità di contatti sociali. E non è remoto il rischio che qualche datore di lavoro possa costringere le persone con disabilità a lavorare da casa: “Lo smart working non può diventare un ripiego per i datori di lavoro che, con questa scusa, possono tentare di evitare di abbattere le barriere architettoniche presenti in ufficio”, afferma Karpa.

Spese per l’elettricità in salita

Quando il personale lavora da casa, anche le bollette diventano un fattore rilevante: secondo il gestore per l’energia elettrica EnBW, la corrente può costare fino a 250 euro in più all’anno, ad esempio per l’uso di PC o portatili, l’illuminazione e la cucina. Nel Regno Unito, secondo l’Office for National Statistics, l’86% delle persone in smart working ha segnalato un aumento delle bollette di elettricità, acqua e gas. Un’attrezzatura ottimale per lavorare da casa richiede degli investimenti e “i nuovi acquisti, come una sedia da ufficio, una scrivania o dei monitor, possono superare rapidamente la soglia dei 1.000 euro”, afferma Maximilian Kayser, online marketing manager ed esperto di smart working, e non sempre il datore di lavoro copre queste spese.

costi per gli spostamenti azzerati

Kayser, tuttavia, vede anche un potenziale di risparmio: quando si va al lavoro, una voce di spesa consistente è quella del pasto, che può facilmente arrivare a 10 euro andando in ufficio, mentre si può evitare restando a casa, ma i costi più rilevanti sono quelli degli spostamenti, che si abbattono lavorando da casa. “In media, per recarsi al lavoro in Germania si percorrono 34 km al giorno”, calcola Kayser, un fattore economico molto rilevante, sia per i costi degli abbonamenti ai trasporti pubblici, sia per quelli sempre crescenti del carburante, per non parlare dell’usura dell’automobile. Inoltre, il minor numero di spostamenti e la conseguente riduzione delle emissioni hanno un effetto positivo sull’ambiente.
Molti dipendenti affermano di riuscire a conciliare meglio lavoro e vita privata con lo smart working. È anche vero, però, che spesso si sfumano i confini tra tempo libero e tempo lavorativo.
Molti dipendenti affermano di riuscire a conciliare meglio lavoro e vita privata con lo smart working. È anche vero, però, che spesso si sfumano i confini tra tempo libero e tempo lavorativo. | Foto (dettaglio): © picture alliance/abaca/TNS/ABACA

Orari di lavoro senza limiti

Secondo un’indagine Bitkom, la maggior parte dei dipendenti in modalità agile si sente meno stressata, vede positivamente la maggiore quantità di tempo a disposizione; molti altri apprezzano la flessibilità di orari e un migliore equilibrio tra lavoro e vita privata. Allo stesso tempo, però, l’eliminazione dei limiti all’orario di lavoro è uno dei maggiori pericoli per la salute nello smart working: molti dipendenti tendono a lavorare più a lungo che in ufficio, ad esempio di notte, quando i figli sono a letto. Lavoro e famiglia sotto lo stesso tetto possono facilmente portare a sfumare i confini tra tempo libero e tempo lavorativo e per questo è importante una chiara demarcazione tra lavoro e vita privata, affinché i dipendenti che lavorano da casa godano dei giusti tempi da riservare al riposo. Un principio ancora più vero in caso di malattia, perché chi lavora in smart working è facilmente tentato di non darsi malato. Uno studio britannico, ad esempio, ha concluso che nel 2020, primo anno di pandemia, in Inghilterra le assenze per malattia sono crollate al minimo storico dell’1,8%.

“Bias di prossimità”: lontano dagli occhi, lontano dal cuore?

Nel lavoro da casa, lo svantaggio più frequentemente citato nello studio Bitkom è la mancanza di scambi personali con colleghe e colleghi, ma è un fattore importante anche il ridotto contatto con i superiori, come ha rivelato all’inizio del 2022 l’indagine State of Hybrid Work 2022 condotta in Germania dalla società tecnologica Owl Labs tra i dipendenti degli uffici. Il 44% delle persone consultate teme il cosiddetto “bias di prossimità”, un fenomeno psicologico secondo il quale il personale che lavora in presenza verrebbe preferito dai superiori per via della vicinanza fisica. In effetti, secondo i risultati dello studio, il 53% dei superiori e il 57% dei dirigenti tendono a coinvolgere o a chiedere opinioni dando priorità ai dipendenti con i quali collaborano in presenza.

La Generazione del lavoro ibrido

Mentre le aziende sono ancora alle prese con l’implementazione di modelli di lavoro ibrido, i dipendenti hanno un’idea piuttosto chiara di come vorrebbero lavorare in futuro: se fosse per loro, nell’era post-pandemica ci sarebbe un mix di lavoro in presenza e lavoro a distanza. Scenari possibili? Gettonatissimi, come luoghi dai quali esercitare l’attività, sono ad esempio le case per vacanze, scrivanie condivise in ufficio, appartamenti all’estero e spazi di co-working. Un terzo degli intervistati vorrebbe addirittura lavorare dal camper.

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