Generazione Z
Cringe, woke, cheugy: breve guida allo slang giovanile

Come parla la generazione Z? Ecco alcune espressioni entrate in uso nel tedesco, ma attenzione a non ripeterle se avete superato il limite d’età, sarebbe una “cringiata”!
Come parla la generazione Z? Ecco alcune espressioni entrate in uso nel tedesco, ma attenzione a non ripeterle se avete superato il limite d’età, sarebbe una “cringiata”! | Foto (dettaglio): © Adobe

Se non avete esperienza di TikTok, non vi sentite esattamente “woke” e non vi rendete conto di ciò che è “cheugy” nella vita di tutti i giorni, ecco qualche chiarimento per voi e per chi vuole aggiornarsi un po’ sul gergo giovanile in Germania.

OK, fyi: quanto state per leggere è importante perché vi aiuterà a capire il mondo dei giovani. Vi sarete senz’altro imbattuti su internet in espressioni incomprensibili, ad esempio fyi, cioè for your information, che avrete letto da qualche parte in rete e sta per “attenzione, importante”. La generazione Z, o semplicemente gen Z, quella nata dal 1997 in poi, ha un proprio gergo, come ogni generazione, del resto, e prende molto a prestito dall’inglese. Ecco a voi qualche espressione tipica.

“Woke”

È woke una persona sveglia, attenta, ad esempio alle tendenze sociali, ai trend, ma anche all’ingiustizia o alla discriminazione. Chi è woke difende le persone più deboli, si occupa dei loro problemi e idealmente le aiuta a superarli, mostrando sensibilità riguardo al razzismo, al sessismo, ai cambiamenti climatici, e impegnandosi per contrastarli. Nella bolla conservativa, però, woke si usa anche in senso dispregiativo per riferirsi a chi è politicamente a sinistra, e i conservativi chiamano woke anche chi è ipersensibile o permaloso, insomma uno snowflake, letteralmente un fiocco di neve, ma anche chi fa il moralista e presta aiuto solo per soddisfare il bisogno personale di sentirsi a posto con la coscienza. Un’accezione non nuovissima, visto che in Germania già nel 2015 si affibbiava un’antipatica etichetta di Gutmenschen, persone buone, benefattori, a chi si batteva per i rifugiati. Tornando a woke, l’espressione veniva usata già negli anni ’60 dagli afroamericani, nel movimento per i diritti civili, per attirare l’attenzione sul razzismo.
Impegnarsi contro il razzismo, il sessismo o il cambiamento climatico è da woke.
Impegnarsi contro il razzismo, il sessismo o il cambiamento climatico è da woke. | Foto (dettaglio): © Adobe

TikTok

La gen Z sta a TikTok come Facebook stava alla generazione Y, nel senso che è “il” social network dove non puoi mancare, il luogo privilegiato in cui vengono embraced, cioè accolte, e poi diffuse ed esportate espressioni come cheugy, cringe o woke. Su TikTok si insegna, si scrive, si balla, si piange, si ride, ci si spaventa, ma se dobbiamo parlarne o scriverne, facciamo attenzione: tra ragazzi in tedesco non si usa dire che si balla un ballo per TikTok, che si filma una clip per per TikTok o che si guarda un video di TikTok, perché il TikTok è già di per sé il ballo, la clip o il video, quindi semplicemente si balla, si fa o si guarda un TikTok.

“CHEUGY”

Ci sono cose ormai fuori moda come le decorazioni adesive sulle pareti, le magliette di Star Wars o della Marvel, o con marchi di bibite, le borse di stoffa col nome di una città, tutte cose che piacevano alla generazione Y e che invece non vanno più tra la gen Z, che su TikTok le definisce cheugy. È cheugy anche tutto ciò che non è più al passo con i tempi, come le capsule per il caffè, perché non ecologiche e quindi da eliminare, oppure gli stivaletti Ugg, i pantaloni a pinocchietto, i bracciali Pandora e altri prodotti ormai decaduti. Per avere altri esempi di cose cheugy, basta entrare da Starbucks e guardarsi attorno, e comunque è semplice: cheugy è il contrario di trendy, insomma né bello, né utile. Un altro esempio? I jeans skinny: non sono comodi, non danno libertà di movimento e onestamente, anche a livello estetico, non sono un granché.

“Cringe”

Si può ancora considerare slang giovanile un termine usato persino al telegiornale, per esempio da una giornalista come Susanne Daubner alla Tagesschau, il telegiornale del primo canale tedesco? Diciamo che cringe è uno di quegli anglicismi che servono perché non hanno un equivalente in tedesco: è quella sensazione tra la vergogna per qualcun altro e l’imbarazzo, quello che si prova quando qualcuno dice qualcosa di imbarazzante senza accorgersene, o quando un adulto vuole fare il teenager. In parole povere: se un genitore non vuole risultare cringe, deve assolutamete evitare di dire chill mal: non è un linguaggio appropriato al di là dei cortili scuola, sorry ;-)
Cosa troviamo su TikTok? Per esempio, “avemoves”, un danzatore con la maschera, uno degli influencer con più follower su TikTok in Germania.
Cosa troviamo su TikTok? Per esempio, “avemoves”, un danzatore con la maschera, uno degli influencer con più follower su TikTok in Germania. | Foto (dettaglio): © picture alliance/dpa/Sina Schuldt

“Alman”

Alman in turco significa “tedesco”, ed è esattamente quello che intende la gen Z su TikTok: il cliché da mangiapatate iperpuntuale, esageratamente pignolo e testardo. In alman sono racchiuse tutte quelle caratteristiche che, diciamo così, non fanno del tedesco una persona propriamente aperta al mondo, ma piuttosto il tipo in sandali con i calzini, concentrato a non perdersi un bollino del supermercato a caccia di premi fedeltà, quello che considera un diritto fondamentale i petardi per Capodanno e che crede che la pronuncia italiana di “gnocchi” sia g-nocci. Alman, però, può avere anche un’accezione politica e riferirsi a emarginazione e razzismo.

“Weird flex”

Weird flex sono cose che non si fanno o non si dicono e di cui certamente non c’è da vantarsi. Weird in realtà significherebbe strano, bizzarro, mentre flex probabilmente deriva in origine da to flex, flettere; ad esempio si possono flettere i muscoli, mostrare i bicipiti, nel senso di mettersi in mostra. E quindi con weird flex si intende più o meno: “è strano quello che stai facendo o dicendo per metterti in mostra”. Online è diventata un meme l’espressione weird flex, but ok, cioè “è strano questo modo di mettersi in mostra, ma OK”, per rispondere in maniera scherzosa o ironica a una vanteria o a un post inappropriato. L’espressione, comunque, si può usare anche nel caso in cui una persona abbia fatto un’affermazione senza l’intenzione di vantarsi, ad esempio qualcosa come “Mi sono rotto lo stesso dito tre volte quest’anno”, ma chi ascolta o legge lo interpreta scherzosamente come una bizzarra spavalderia.

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