Populismo
AfD, Lega Nord, Front National – L’avanzata dei populismi in Europa

Qual è la matrice dei populismi che stanno dilagando in Europa? Chi li vota? Come devono reagire i partiti tradizionali? Il 23 novembre 2016 per gli incontri italo-tedeschi del Goethe-Institut Rom “Sul divano verde” si è acceso il confronto  sul tema dei populismi.

Giovannini pensa anche all’altra parte dell’oceano. «Con il tweet della nipote di Trump i nazionalismi non sono mai stati così global. Lei ha scritto: finalmente sono stati sconfitti l’establishment, Wall Street e i media. Lo storytelling destra/sinistra è imploso ed è emerso il partito anti-sistema. E se i partiti di destra hanno inglobato la retorica no global, la sinistra sembra svuotata». Giovannini continua ragionando sull’«influenza di ogni tweet di Trump: è stata pazzesca. Ma si è visto che il 60% di quello che scriveva erano bufale».
Nel salotto tedesco a Roma si sono confrontati Ludwig Greven (editor di politica per DIE ZEIT) ed Eva Giovannini (giornalista, autrice di “Europa Anno Zero. Il ritorno dei nazionalismi“) con la moderazione di Andrea Pipino di Internazionale.

I POPULISMI E I MIGRANTI

«Prima Marine Le Pen in Francia, poi la Brexit e alla fine anche Trump negli USA, per non parlare di Danimarca e Germania, il populismo è ovunque. Ad Eva Giovannini chiedo: circa un anno e mezzo fa usciva il tuo libro “Europa Anno Zero. Il ritorno dei nazionalismi“. Se lo dovessi riscrivere oggi cosa cambieresti?».

I MURI E LA RADICE DELL’INSODDISFAZIONE

«Quando il libro era già andato in stampa è stato alzato il primo muro in Europa. Ne è autore Viktor Orbán in Ungheria, al confine con la Serbia. Oggi scriverei un elenco dei muri in Europa». Poi la giornalista italiana ragiona sulla Brexit. «Chi se lo aspettava? Si è rotto qualcosa: le persone non si riconoscono più tra destra e sinistra. Qualcosa è andato storto perché le nuove generazioni guadagnano meno dei genitori. La disuguaglianza è la radice dell’insoddisfazione che porta a vedere i migranti come il grande nemico. Se ci fosse un’inversione di rotta sul piano economico, credo che questa bomba verrebbe disinnescata».

CHI VOTA PER QUESTI PARTITI

Ludwig Greven, editor per DIE ZEIT, ragiona su chi sono gli elettori di questi movimenti. «Solo in parte si tratta di disoccupati e precari. Si tratta anche di classe media con una buona istruzione, di artigiani e autonomi. Alcuni sociologi parlano di ribellione culturale in modo globalizzato. Si tratta di elettori che sono xenofobi senza avere gli stranieri in casa: è la percezione di paura che deve essere presa sul serio».

UNA PANORAMICA SUI MOVIMENTI

Pipino fa una panoramica sui movimenti populisti e racconta come in Francia Le Pen ha una matrice neofascista, mentre in Polonia, dopo una campagna elettorale rassicurante, sono state fatte leggi dure sull’aborto e sulla libertà di stampa. In Ungheria il partito di governo è nazionalista. In Grecia c’è Alba Dorata. In Germania Pegida e la AfD. In Italia il radicalismo populista è rappresentato da Salvini e dal Mov5Stelle. Questi movimenti hanno dei capisaldi in comune: un’insofferenza verso la burocrazia di Bruxelles, l’idea che il governante debba essere un uomo forte (come Putin). E poi un po’ di fastidio per conquiste come i matrimoni gay.

Per Ludwig Greven «in Germania all’inizio l’AfD aveva il 3-4%. Poi, con la crisi dei migranti, il movimento si è esposto. In Germania c’è una cultura dell’accoglienza, ma improvvisamente la situazione è cambiata. Le radici di questi movimenti, però, si trovano anche nelle questioni economiche: i Paesi ricchi del nord Europa non vogliono pagare per quelli in difficoltà. L’Europa non promette pace, ma è sinonimo di impoverimento e perdita dei valori».
 
E in conclusione sottolinea come ci sia «bisogno che la sinistra torni ad ascoltare la base. In Germania l’80% non è affascinato dai populismi, in Francia il Front National ha il 35%: vuol dire che la maggior parte non lo segue. Dopo lo shock della Brexit e il terremoto di Trump non dobbiamo avere paura, ma dobbiamo reagire. Se noi stessi ci facciamo paura, abbiamo perso».