Inclusione alla Biennale
Red carpet for all

Ponte delle Sechere Foto (dettaglio): © Valeria Tatano

Come indica il titolo “Open for maintenance”, il Padiglione Germania della 18a Biennale di Architettura di Venezia è dedicato ai temi della riparazione, della manutenzione, dell’accessibilità e dell’inclusione. Ma che significa accessibilità in una città che conta 120 isole, 359 ponti sottoposti a vincolo paesaggistico e vie di comunicazione su canali? E quanto è effettivamente inclusiva la Biennale?

“La viabilità dei mezzi d’acqua, una volta completamente inaccessibile per le persone in carrozzina, è migliorata molto, ma i battelli non arrivano dappertutto”, afferma Valeria Tatano, docente di architettura all’Università Iuav di Venezia ed esperta di progettazione inclusiva. “Il vero punto nodale per l’accessibilità sono i ponti”.

Valicare ponti

Nel suo Atlante dell’accessibilità urbana a Venezia, pubblicato nel 2018, Tatano ha documentato i percorsi resi accessibili dall’amministrazione comunale. Dei 359 ponti della città, 38 sono ora accessibili anche in sedia a rotelle.

Proprio per la sua specificità, Venezia ha sperimentato di più, rispetto ad altre città, da un lato per favorire l’accesso alle persone con difficoltà di deambulazione, e dall’altro per tutelare un patrimonio culturale unico al mondo. Un esempio, racconta, è rappresentato dalle rampe che si ispirano alla celebre Cordonata capitolina, la scalinata accessibile non solo a piedi che porta fino al Campidoglio.
Ponte dei pensieri Ponte dei pensieri | Foto: © Valeria Tatano Secondo Tatano, comunque, resta ancora molto da fare: “I percorsi accessibili a Venezia esistono, ma si sono sviluppati a macchia di leopardo, è anche questo il problema”. Un percorso privo di barriere architettoniche dalla stazione ferroviaria a Piazza San Marco, ad esempio, è previsto, ma a tutt’oggi non è stato realizzato.

Diverse esigenze di accessibilità

Secondo la psicologa Naomi Brenner, l’intrico di canali e ponti non rappresenta una limitazione alla vita sociale per ogni tipo di disabilità: “Molte persone con disabilità visiva, ad esempio, trovano Venezia più accessibile rispetto a città con un normale traffico automobilistico e lo stesso vale per chi ha disabilità intellettive, perché nella città lagunare la socialità è più spiccata e tutto è raggiungibile a piedi”.

Brenner è legata a Red Carpet for All, associazione di promozione sociale che a Venezia difende i diritti delle persone a rischio di emarginazione e si adopera per rendere accessibili alle persone con disabilità i musei e le offerte culturali della città.

“Non basta che una città abbia una vasta offerta culturale, bisogna anche che risponda a diverse esigenze di accessibilità”.


La psicologa vede nella Biennale un grande arricchimento per Venezia: “È un tipo di arte altamente comunicativo che offre numerose occasioni di dialogo ed è quindi molto stimolante anche per persone con disabilità intellettive”.

A suo avviso, in Italia la comunicazione accessibile sta cominciando solo ora a muovere i primi passi: “Mentre in Germania, ai fini di una migliore accessibilità, è diffuso da tempo un lessico semplificato ben regolamentato anche in termini di ortografia e di regole grammaticali, in Italia il cosiddetto italiano semplificato è ancora limitato al contesto della didattica inclusiva. Recentemente la Biennale ha iniziato a organizzare visite guidate in lingua facile, ma si può fare ancora molto di più”, afferma Brenner.

Barriere architettoniche alla Biennale di Architettura

Sebbene tutti i padiglioni espositivi siano ora dotati di rampe o montascale a norma, questi sono solitamente situati sul retro degli edifici, pertanto non tutti i visitatori possono accedere alla mostra attraverso l’ingresso principale, il che costituisce indubbiamente un limite in termini di inclusività.
Ponte dei pensieri Ponte dei pensieri | Foto: © Valeria Tatano Un altro ostacolo per le persone con difficoltà di deambulazione è rappresentato dai sentieri in ghiaia nell’area espositiva dei Giardini della Biennale, che ospita tra l’altro il Padiglione Germania. “La Biennale dovrebbe trovare un’alternativa”, sostiene l’architetta Valeria Tatano. “Non vuol dire passare dalla ghiaia all’asfalto: ci sono molte soluzioni che sono drenanti e funzionano molto bene anche in termini di colori”.

Perché tutti possano partecipare in modo paritario alla vita pubblica e sul “red carpet” ci sia spazio per tutti, è necessario un cambiamento di mentalità, e non solo in città come Venezia.

“Le rampe aiutano non solo le persone in carrozzina, ma anche i genitori con i passeggini, i bambini che si muovono in monopattino, i trasportatori dell’immondizia e i corrieri che spostano i loro carichi su carrelli per i vicoli stretti della città”. E conclude: “Una città inclusiva migliorerebbe la qualità della vita per tutti”.