Un rapporto speciale
Thomas Mann e l’Italia
Nell’arco della sua vita, Thomas Mann fece spesso ritorno in Italia, culla della sua opera, trasmettendone però un’immagine sorprendentemente cupa.
Di Gina Arzdorf
Il 10 luglio 1895, Thomas Mann, ventenne, scrive al compagno di scuola Otto Grautoff: «In Italia, la quiete di tranquilli boschetti ombreggiati favorirà la mia creatività. Se lì non riuscirò a concepire almeno una dozzina di novelle, non vorrò più essere un artista». Sono le parole di un giovane disorientato, che ormai non ha più posto a Lubecca, sua città natale, e non l’ha ancora trovato a Monaco, dove si è trasferito. Due giorni dopo quella la lettera, partirà per il sud seguendo il fratello maggiore Heinrich, per un soggiorno di diversi mesi tra Roma e Palestrina, cittadina a quaranta chilometri di distanza alla quale molti anni dopo dedicherà un monumento letterario con il romanzo Doctor Faustus.
Il soggiorno in Italia, fondamentale per la sua fama mondiale
Thomas Mann fa ritorno in Italia già l’anno seguente, restando stavolta per quasi due anni a Roma insieme al fratello, in via di Torre Argentina 34, al terzo piano. Qui, non lontano dal Pantheon, scrive racconti come Tobias Mindernickel e Der Bajazzo, ed è sempre qui, lontano dalla patria nordica, che il futuro premio Nobel per la letteratura inizia a lavorare alla monumentale epopea sulle sue origini, I Buddenbrook. In seguito, Heinrich Mann scriverà di sé che a Roma il talento lo aveva colto di sorpresa, e probabilmente sarà stato lo stesso per il fratello minore. Tuttavia, nonostante le fondamenta della sua fama mondiale si trovino a sud delle Alpi, l’opera di Thomas Mann trasmette un’immagine cupa del Paese.Sono molti i testi con un riferimento all’Italia: ne La montagna magica (conosciuto anche come La montagna incantata), uno dei pazienti del sanatorio è l’intellettuale italiano Lodovico Settembrini; in Tonio Kröger, è in Italia che l’omonimo protagonista finisce su una strada sbagliata; in Doktor Faustus, il diavolo appare ad Adrian Leverkühn a Palestrina. I due testi principali sull’Italia sono tuttavia La morte a Venezia e Mario e il mago, che, sebbene in modi molto diversi, descrivono entrambi il declino di una società, entrambi con un finale fatale ed entrambi basati su reali soggiorni italiani dell’autore.
Declino e sventura
Nella novella del 1911 La morte a Venezia, lo scrittore nobilitato Gustav von Aschenbach, improvvisamente attratto da luoghi lontani, intraprende un viaggio a Venezia, dove, nonostante le autorità locali tentino di nasconderlo, infuria il colera. Parallelamente alla diffusione dell’epidemia, si consuma il declino personale di Aschenbach, che si innamora del quattordicenne polacco Tadzio, incarnazione della bellezza assoluta, in netto contrasto con una serie di personaggi oscuri che il protagonista incontra durante il viaggio, dal losco tesoriere sul traghetto, al gondoliere senza licenza che lo trasporta su un’imbarcazione nera come una bara, o al musicista di strada malmesso sulla terrazza dell’hotel: il volto dell’Italia che trasmette La morte a Venezia fa presagire sventura, e infatti, alla fine del soggiorno a Venezia e della novella, definita dallo stesso autore “tragedia di un degrado”, Gustav von Aschenbach è ormai solo una caricatura di se stesso.Monito contro il fascismo
Il secondo testo più famoso sull’Italia scritto dal premio Nobel per la letteratura si intitola Mario e il mago ed è stato pubblicato nel 1930. Quattro anni prima, Thomas Mann si era recato con la moglie Katia e i due figli più piccoli nella località balneare di Forte dei Marmi, nel Mar Ligure, trovando ad attenderli l’ostilità del fascismo verso tutto ciò che era straniero. La novella, fortemente autobiografica e sottotitolata Una tragica avventura di viaggio, non è solo una ricostruzione letteraria e un’elaborazione di quella vacanza, ma anche un monito urgente ai lettori tedeschi contro il fascismo, che Thomas Mann fa incarnare dal personaggio del mago Cipolla: lo spettacolo a cui assiste la famiglia del narratore si rivela ben presto un’umiliante messinscena in cui Cipolla, con l’aiuto dell’ipnosi, assoggetta il pubblico privandolo del libero arbitrio.In Morte a Venezia e Mario e il mago, Thomas Mann descrive l’Italia come un Paese funesto e moralmente corrotto, senza la minima traccia di quella mitizzazione di un secolo prima da parte di Goethe, che nel suo nel Viaggio in Italia aveva raccontato di una terra di desiderio. Nonostante ciò, Thomas Mann continua a tornare in Italia fino alla sua vecchiaia, e l’anno prima della sua morte, quasi ottantenne, scrive nel proprio diario di una «simpatia per Roma, con i suoi obelischi e fontane», esprimendo il desiderio di tornare a vivere nella capitale italiana. Per quanto ambivalente possa sembrare il rapporto, possiamo dire che senza quei due anni in Italia poco prima della fine del secolo, Thomas Mann forse non sarebbe diventato quel grande letterato che celebriamo ancora oggi, a centocinquant’anni dalla nascita.