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Panorama teatrale
Quando libertà fa rima con precarietà

Per Mieke Matzke (non raffigurata), essere liberi significa avere libertà nella produzione. In foto, una scena di una performance di She She Pop del 2012.
Per Mieke Matzke (non raffigurata), essere liberi significa avere libertà nella produzione. In foto, una scena di una performance di She She Pop del 2012. | Foto (dettaglio): © picture alliance/dpa/Britta Pedersen

In Germania il settore del teatro indipendente cresce, pur soffrendo di problemi cronici come la scarsità di fondi e certezze e la mancanza di riconoscimento in ambito politico. Ecco un’analisi della situazione.

Di Anja Quickert

Il settore del teatro indipendente in Germania ha una storia particolare, essendo nato in seno al movimento rivoluzionario che nel Sessantotto ha messo in discussione il sistema sociopolitico della Repubblica Federale Tedesca, criticando all’epoca principalmente lo Stato e le istituzioni finanziate con fondi pubblici, organizzate e gestite in modo rigidamente gerarchico e maschilista. Il teatro libero si è poi sviluppato anche in opposizione alla cosiddetta cultura alta e alle sue pretese di istruzione elitaria, che escludeva ampie fasce della popolazione.

«Per questo proponiamo la democratizzazione dei teatri della Germania Ovest», chiedevano nel 1968 Barbara Sichtermann e Jens Johler in un artitolo critico intitolato Sullo spirito autoritario del teatro tedesco e pubblicato nella rivista specializzata Theater heute. La pratica teatrale alternativa degli anni Sessanta si collocava nella tradizione di Bertolt Brecht e riprendeva la sua critica globale del teatro come “apparato”. Tuttavia, non essendosi poi concretizzata un’effettiva democratizzazione del teatro tedesco occidentale, intesa come cambiamento in favore di forme collettive di gestione, amministrazione e direzione, artiste e artisti hanno allora iniziato a organizzarsi al di fuori delle istituzioni consolidate e a cercare nuovi spazi di attività, ed è da qui che è nata la “Freie Szene”, la scena indipendente, sviluppando localmente caratteristiche anche molto diverse in conseguenza di forti differenze politico-culturali.

Networking e istituzionalizzazione

Nel tempo, questa scena si è professionalizzata, fondando spazi teatrali propri, organizzandosi in reti translocali e internazionali, fondando lobby e realizzando coproduzioni; in sintesi, possiamo dire che “istituzionalizza” il proprio modo di operare e dialoga con i rappresentanti della politica culturale per garantirsi finanziamenti pubblici duraturi. «Per noi, libertà significa massima indipendenza possibile nella produzione», scrive la performer Mieke Matzke del collettivo femminista She She Pop, che prosegue: «In questo senso, le strutture e le modalità operative di questo teatro libero sono direttamente connesse alla questione dello spazio di produzione e alle sue implicazioni politiche».

A livello federale, la BFDK – Associazione federale delle Arti Performative è un’organizzazione ombrello che rappresenta circa 27.000 professionisti freelance della danza e del teatro, le sue 16 associazioni a livello di Land e altre e 7 associazioni collegate. Dalla stagione 2016/’17, l’Incaricata del governo federale per la Cultura e i Media finanzia l’Unione delle Case di Produzione internazionali, un’associazione di sette spazi teatrali indipendenti nelle regioni metropolitane ben inseriti in una rete internazionale. La rete nazionale Flausen+, fondata nel 2010, ha invece ampio impatto in ambito regionale e riunisce 31 teatri indipendenti in 14 Länder tedeschi. Inoltre, la NFT, Rete dei Teatri Indipendenti, è stata concepita “per lo scambio sovraregionale di produzioni e know-how” e ad essa appartengono undici case di produzione e teatrali professionali.

In confronto, la scena indipendente è estremamente ugualitaria e diversificata.

Condizioni di precarietà

LAFT Berlin, Associazione berlinese per le Arti performative indipendenti, dimostra in maniera esemplare come queste organizzazioni possano rappresentare efficacemente gli interessi degli artisti nei confronti del pubblico e della politica culturale. Fondata nel 2007 come associazione senza scopo di lucro, oltre a gestire gruppi di lavoro generici per i settori “Spazi”, “Diversità e antidiscriminazione” o “Archivio”, nel 2016 ha fondato il PAF – Performing Arts Festival, che si svolge ogni anno in quasi 60 sedi distribuite nell’intero territorio urbano della Capitale. Con il PAP – Performing Arts Programme, LAFT Berlin ha inoltre costituito uno strumento efficace per il rafforzamento infrastrutturale, la professionalizzazione e la messa in rete della scena locale più grande e diversificata della Germania, anche grazie a finanziamenti UE. Tuttavia, sebbene la scena indipendente berlinese abbia ora a disposizione quasi 40 diversi programmi di finanziamento e i fondi siano stati significativamente aumentati, la sua situazione rimane precaria: il settore è in espansione e i politici non riescono a trovare strategie efficaci per contrastarne l’allontanamento dal centro città indotto dalla gentrificazione.

Fairstage è il motto con il quale LAFT Berlin collabora dal 2021 con Diversity Arts Culture, Ensemble-Netzwerk e Senato di Berlino a un progetto modello per migliorare le condizioni di lavoro e ridurre la discriminazione sui palcoscenici del teatro parlato berlinese. Rispetto al panorama teatrale cittadino e statale, la scena indipendente è estremamente egalitaria e diversificata, soprattutto in ambito gender e antirazziale, e non solo nei programmi o nelle scelte estetiche. Dagli anni 2010, la richiesta di uguaglianza ed equità nel teatro ha dato vita a numerosissime iniziative e organizzazioni che sull’intero territorio federale si battono per migliorare le condizioni di lavoro e per contrastare la discriminazione, come Bühnenwatch, Pro-Quote Bühne o Ensemble Network.

Su questa scia, sempre dalla scena indipendente e con il potente sostegno del Fondo per le Arti Performative, il 9 novembre 2018, cioè esattamente 80 anni dalla Notte dei cristalli e dai pogrom antisemiti divampati in Germania, è stata fondata l’associazione “Die Vielen”. Dal 2016, il panorama culturale è stato sempre più esposto agli attacchi degli estremisti di destra e sono aumentate le interrogazioni parlamentari nelle commissioni culturali da parte del partito conservatore di destra AfD. Il panorama artistico e culturale tedesco (e in seguito di lingua tedesca) ha reagito a tutto ciò con un chiaro posizionamento e uno sostegno solidale senza precedenti.

Pandemia e vulnerabilità

È anche grazie al Fondo per le Arti Performative che gli stanziamenti da parte del governo federale tedesco, nell’ambito del pacchetto di salvataggio dalla pandemia da Covid intitolato Neustart Kultur, hanno potuto raggiungere in maniera efficace chi ne aveva urgentemente bisogno, ossia artiste e artisti freelance del settore, totalmente privi di tutele a livello di diritto del lavoro.

La scena teatrale indipendente è spesso vista come un’alternativa innovativa e a basso costo.

La pandemia e i suoi effetti hanno nuovamente evidenziato la vulnerabilità della scena indipendente: il lavoro a progetto, ossia il libero sviluppo di strutture lavorative in team non fissi attorno a una specifica iniziativa, rappresenta allo stesso tempo una minaccia esistenziale. Al più tardi dal 2012, anno di pubblicazione dello studio Der Kulturinfarkt [L’infarto della cultura], che ha acceso il dibattito sulla legittimazione del panorama teatrale, la scena indipendente è stata spesso considerata un’alternativa innovativa e a basso costo, mentre si è perso di vista il problema della forte precarietà delle condizioni di lavoro e delle mancanze dal punto di vista sociale e previdenziale. La pandemia ha cambiato le cose, o per lo meno lo si spera.

«La coalizione del teatro indipendente si oppone a una politica che espone a vincoli commerciali sempre più forti l’arte che nasce in strutture indipendenti, limitandone l’autonomia e marginalizzandone il significato sociale», si legge sul sito web di questa “Koalition der Freien Szene”, che si considera una lobby aperta a tutti i settori dei circa 40.000 artisti freelance di Berlino. E la capitale tedesca dimostra con chiarezza una verità che vale anche in qualsiasi altra città e regione: senza la scena indipendente, vengono meno anche gli spazi sociali.

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