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Panorama radiofonico nella DDR
La radio e la caduta del Muro

Eva Sudrow con una collega presso lo Studio 6 di Deutschlandradio a Berlino nel 2007
Eva Sudrow con una collega presso lo Studio 6 di Deutschlandradio a Berlino nel 2007 | Foto: collezione di Eva Sudrow

Prima della riunificazione, nel 1990, i tedeschi vivevano in un Paese diviso da un Muro: a ovest la Repubblica Federale Tedesca, a est la Repubblica Democratica Tedesca. Anche il panorama delle emittenti radiofoniche era diviso tra Est e Ovest. Dopo la caduta del Muro e la riunificazione, l’emittente della DDR si è fusa con emittenti della Germania Ovest, formando una radio nazionale, l’odierna Deutschlandfunk. Eva Sudrow ha lavorato a Berlino Est nel reparto Radiogrammi della radio della DDR, passando poi alla Deutschlandfunk, quindi da una radio per una sola metà del Paese a una per l’intero territorio. Verena Hütter l’ha intervistata.

Di Verena Hütter

Signora Sudrow, quali erano le Sue mansioni all’emittente radiofonica della DDR?

Eva Sudrow: Ero assistente, impiegata, segretaria; diciamo mansioni amministrative.

Quando ha iniziato a lavorare in radio?

Il 1° aprile 1976, quando ancora ci chiamavamo Staatliches Komitee für Rundfunk der DDR, Comitato statale per la radiodiffusione della DDR e sono stata assunta nel reparto Radiodrammi. Poi nel 1990 c’è stata la cosiddetta “Wende”, la “svolta” politica del 1990: molti colleghi sono stati licenziati e il personale si è ridotto a poche unità. In quel periodo ci chiamavamo Funkhaus Berlin. Poi le emittenti della DDR si sono fuse in una sola, Deutschlandsender Kultur, che ha operato per due anni sotto l’egida di ZDF e ARD. Infine, nel 1994, è stata fondata Deutschlandradio Berlin dalla fusione dell’ultima emittente della DDR con la RIAS.

La RIAS (Rundfunk im amerikanischen Sektor) era l’emittente radiofonica del settore americano, fondata dagli americani a Berlino Ovest dopo la Seconda Guerra Mondiale. Si è poi aggiunta anche una radio di Colonia?

Sì, da Colonia si è aggiunta la Deutschlandfunk, che si occupava di informazione politica. L’orientamento della nostra emittente, invece, era culturale. Sono andata in pensione nel novembre 2015, dopo quasi 39 anni di radio.

A livello di impegno, un radiodramma si può immaginare come una produzione cinematografica.”

Wow! Sicuramente non si sarà annoiata.

No, per nulla. Le posso raccontare del mio lavoro al DDR-Funkhaus, il centro radiofonico della Germania Est, che aveva sede sulla Nalepastraße di Berlino. All’epoca facevo parte della redazione che gestiva le produzioni e le trasmissioni e si occupava di radiodrammi. A livello di impegno, un radiodramma si può immaginare come una produzione cinematografica, ma senza telecamere, quindi con il tecnico del suono al posto del cameraman. Il lavoro amministrativo era tantissimo e tutta la parte organizzativa era compito mio.

La mia redazione, la “Funk-Dramatik”, era responsabile dell’intero palinsesto dei radiodrammi. Non eravamo assegnati a un’emittente specifica, servivamo diverse radio che ci davano lo spazio per le trasmissioni e noi pensavamo a riempirlo. Producevamo anche radiodrammi internazionali, altri specifici per bambini e serie per famiglie come Neumanns 2x klingeln [letteralmente: Per la famiglia Neumann, suonare due volte].

Chi erano i Neumann?

La famiglia Neumann era protagonista di una serie divertente che durava circa 20 minuti e andava in onda una volta a settimana.

Aveva sempre sognato di lavorare alla radio?

Assolutamente no, all’inizio lavoravo presso la banca del commercio estero di Berlino, che però non offriva posti per i figli dei dipendenti alla scuola materna. Per caso ho scoperto che al Funkhaus di Berlino cercavano personale e che lì avevano dei posti all’asilo. È per questo che sono passata alla radio, per i miei figli.

Interessante! Quindi in realtà aveva una formazione come impiegata di banca?

No, ho iniziato come stenografa, avevo studiato per diventare segretaria; poi ho seguito e completato altri corsi di formazione.
  • Cartoline dell’epoca della Deutschlandradio di Berlino Foto dalla collezione di Eva Sudrow
    Cartoline dell’epoca della Deutschlandradio di Berlino
  • Eva Sudrow tra i suoi colleghi nel periodo 2008/’09, accanto a un segnalibro con il motto “Hörspiele für euch” (audiodrammi per voi) Foto dalla collezione di Eva Sudrow
    Eva Sudrow tra i suoi colleghi nel periodo 2008/’09, accanto a un segnalibro con il motto “Hörspiele für euch” (audiodrammi per voi)
  • Sede radiofonica della RIAS in Hans-Rosenthal-Platz a Berlino Foto dalla collezione di Eva Sudrow
    Sede radiofonica della RIAS in Hans-Rosenthal-Platz a Berlino
  • Grande sala di trasmissione e studio di produzione musicale, Nalepastraße, Berlino Foto dalla collezione di Eva Sudrow
    Grande sala di trasmissione e studio di produzione musicale, Nalepastraße, Berlino
  • Volantino del Milchbar, la caffetteria della centrale radiofonica della Nalepastraße a Berlino Foto della collezione di Eva Sudrow
    Volantino del Milchbar, la caffetteria della centrale radiofonica della Nalepastraße a Berlino
  • Volantino del Milchbar, la caffetteria della centrale radiofonica della Nalepastraße a Berlino Foto della collezione di Eva Sudrow
    Volantino del Milchbar, la caffetteria della centrale radiofonica della Nalepastraße a Berlino
Sto provando a immaginare il periodo della caduta del Muro. Lei ha detto che molte persone sono state licenziate, ma che Lei invece ha avuto la fortuna di restare?

È stato un periodo di grande agitazione: la Stasi indagava, cercava di capire chi fosse in qualche modo coinvolto, c’erano dei controlli. Non è stato facile, anzi è stato proprio logorante attendere la conferma. Alla fine hanno messo nero su bianco che non ero una “IM”, una spia. [ride]

Il periodo della caduta del Muro è stato veramente spinoso.”

Io ero bambina all’epoca della caduta del Muro, non fa parte del mio vissuto cosciente. È stata davvero una sorpresa, o sospettava già da qualche mese che potesse accadere?

Per noi è stata una grossa sorpresa, anche se qualche segnale c’era stato: c’era stata la grande manifestazione del 4 novembre 1989, che ha mostrato che il popolo si stava ribellando, e già prima, con la Perestroika, erano cominciati dei cambiamenti politici. In redazione si discuteva molto, noi di Funk-Dramatik eravamo costantemente in contatto con artisti e attori che venivano alla produzione da fuori, avevano i loro punti di vista e portavano informazioni. La situazione era veramente spinosa.

E subito dopo la caduta del Muro è iniziata la selezione dei dipendenti, con la ricerca di chi fosse senza macchia e potesse rimanere?

Eravamo circa 3.000 dipendenti, quasi una cittadella perfettamente organizzata, c’era persino una clinica della polizia, diversi medici, non ci mancava nulla. Dopo la caduta del Muro, si è ridotto tutto, abbiamo assistito a un vero sgretolamento ed è stato molto triste.

Quant’è durata questa fase? Un anno?

Di più. Nel 1990 è iniziata una fase altalenante, tra paura e la speranza ci chiedevamo chi sarebbe rimasto, cosa sarebbe stato di noi, cosa sarebbe accaduto dopo... Eravamo ormai un’unica emittente, quindi serviva sempre meno personale. Molti si sono dimessi spontaneamente, ma io mi sono detta di tener duro, pensando: se ce la faccio, bene, se non ce la faccio, vedremo...

E dopo qualche anno la crisi è stata superata e Lei è stata confermata. Ma poi c’è stato un altro cambiamento nel 1994, giusto?

Sì, la fusione con la RIAS. Ai tempi della Germania divisa, le emittenti della DDR e la RIAS erano poli opposti, si facevano la guerra sul piano politico. La RIAS ha fatto in modo di essere ascoltata anche dai cittadini dell’Est, cosa che ovviamente ho fatto anch’io da adolescente. La RIAS era un’emittente interessante, il suo programma mi piaceva.

Per loro, noi non eravamo interessanti.”

E a un certo punto queste due emittenti contrapposte si sono improvvisamente riunite sotto lo stesso tetto. Come funzionava la collaborazione?

Qualche attrito c’è stato, c’è voluto tempo prima di riuscire a lavorare bene insieme. All’inizio i colleghi della RIAS erano dispiaciuti per il fatto che loro radio non esistesse più, ma i veri sconfitti eravamo noi.

In che senso eravate voi gli sconfitti?

Per noi all’epoca è stato così. Noi avevamo una sede enorme sulla Nalepastraße, che avrebbe potuto ospitare tutti, e invece ci siamo dovuti trasferire dall’altro capo della città, in Hans-Rosenthal-Platz a Schöneberg, dove aveva sede la RIAS. È stata una decisione politica.

Si ricorda la differenza più grande tra voi e i colleghi della RIAS?

È difficile rispondere. In realtà erano amichevoli e gentili, ma ogni tanto, dai loro discorsi, capivamo che di noi sapevano poco o nulla. All’Ovest avevano il loro mondo perfetto, andava tutto bene, di fatto non erano così interessati a noi. Almeno era questa la mia impressione.

I radiodrammi del passato vanno ancora in onda.”

So che i radiodrammi tedeschi godono di un’ottima reputazione all’estero, per esempio negli Stati Uniti. Erano molto diversi per stile artistico i radiodrammi della DDR, rispetto a quelli prodotti all’Ovest?

Direi di no, un radiodramma è un radiodramma, a cambiare, piuttosto, è il contenuto, ciò che scrivono gli autori o che ne fanno gli editori. Dopo la riunificazione è stato chiaro che alcuni radiodrammi della DDR non sarebbero più andati, ma molti altri hanno continuato a entrare nei palinsesti, sono state stabilite nuove date di trasmissione e hanno funzionato bene.

Continua ancora oggi ad ascoltare la radio?

Sono ancora una grande appassionata di radio, ascolto soprattutto Regional-Radio e Deutschlandfunk.

Nella Deutschlandfunk di oggi ritrova ancora qualcosa della “Sua” radio della DDR?

Sì, certo, la controllo ogni giorno [ride]. Mi faccio mandare per posta la guida ai programmi e sfogliandola vado a cercare i radiodrammi del palinsesto e quando sono stati prodotti. Ce ne sono sempre alcuni del passato, ai quali ho lavorato anch’io.


Grazie a Eva Sudrow per aver condiviso i suoi ricordi e a Nathalie Singer per l’idea e la mediazione. <3 <3 <3

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