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Il futuro della gastronomia
L’importanza dell’atmosfera

Ecco come si può elegantemente impiattare una sardina bretone, quando dietro c’è lo chef tristellato Jan Hartwig.
Ecco come si può elegantemente impiattare una sardina bretone, quando dietro c’è lo chef tristellato Jan Hartwig. | Foto (dettaglio): © Pieter D’Hopp

Salsiccia al posto del caviale: lo chef tristellato Jan Hartwig parla di cucina emozionale, sostenibilità nella gastronomia gourmet e AI in cucina.

Di Lena Kronenbürger

Il “laboratorio dell’amore”, cucina del ristorante JAN Il “laboratorio dell’amore”, cucina del ristorante JAN | Foto: © Konstantin Volkmar Jan Hartwig, quale sarebbe secondo Lei un’esperienza culinaria da fare tutti, almeno una volta?

Io auguro a tutti di poter assaporare pietanze preparate con amore, e non serve che sia un menù da stelle Michelin. Per me non occorre puntare a mangiare tartufi e caviale almeno una volta nella vita, niente di tutto ciò. La cucina gourmet e di lusso è soggettiva, per me può essere un lusso anche una semplice salsiccia cotta barbecue di casa con la mia famiglia: se può capitare solo a ogni morte di Papa, a un certo punto può essere davvero la cosa più buona del mondo. Per me le esperienze culinarie sono strettamente legate alle emozioni, per cui anche se come Chef do il massimo, una serata può essere rovinata se gli ospiti litigano tra loro, perché non conta necessariamente ciò che si mangia, una pietanza o un prodotto specifico, ma l’esperienza nel suo complesso.

Cosa propone ai Suoi ospiti nel Suo ristorante a tre stelle di Monaco di Baviera che porta il Suo stesso nome, JAN?

Un’atmosfera di cordialità: io voglio che gli ospiti si sentano a proprio agio, come se li avessi invitati a casa mia. Quando si va in un ristorante a tre stelle, si sa che è stato premiato col maggiore riconoscimento possibile, pertanto l’offerta dev’essere eccelsa e il sapore del cibo deve essere semplicemente squisito. La nostra cucina è caratterizzata da una grande varietà e dall’inserimento di cibi apparentemente semplici e un tempo impensabili in un ristorante a tre stelle: noi infatti offriamo sia tartufi che pancetta di maiale.

Quando lavora la carne e il pesce per le pietanze del Suo ristorante, utilizza l’animale intero? O come procede con la lavorazione di carne e pesce?

Sì, utilizzo l’animale intero, ma non sempre lo compro intero, perché per noi sarebbe ingestibile dal punto di vista logistico: banalmente, mi mancherebbe ho lo spazio necessario a conservarlo. Ma per fare un esempio, del salmerino (*, un pesce della famiglia dei salmoni, N.d.T.) non uso solo la parte nobile del filetto, ma anche la testa e le lische per un brodetto e il fegato per uno sformato, anche se in Germania le frattaglie non sono popolari come in altre parti del mondo, come ad esempio a Hong Kong o a Tokyo, dove sono apprezzatissime.

Dobbiamo decidere più consapevolmente come e quando mangiare carne.

Con l’avvento della carne di laboratorio e la crescente richiesta di menù vegetariani, che ruolo ha per Lei la sostenibilità nel futuro della ristorazione?

Lo sfruttamento eccessivo della pesca, le considerazioni etiche sulle cosce di rana, le condizioni di lavoro sono tutte questioni di cui non ci si preoccupava quando ero apprendista. Dobbiamo seguire il principio del “vivi e lascia vivere” e decidere in maniera più consapevole come e quando mangiare carne. Come prima, quando si mangiava l’arrosto della domenica solo una volta alla settimana. Ora si parla sempre più di “beyond meat” e cucina vegetariana e trovo che la strada del futuro passi anche attraverso una maggiore consapevolezza del proprio corpo. La gente cerca un’alimentazione più sana, si fa attenzione anche al benessere delle persone, a condizioni di lavoro eque e quindi a contrastare lo sfruttamento.

Lei soddisfa il palato dei suoi clienti selezionando con cura i prodotti e preparandoli e presentandoli con arte. Cosa pensa delle tecnologie più moderne, ad esempio per le recensioni basate sull’AI o elettrodomestici da cucina completamente automatizzati?

In merito a questi sviluppi, ho un atteggiamento ambivalente: la tecnologia ha i suoi vantaggi e come persona non mi sento “analogico”, non fa parte del mio carattere rimpiangere i bei tempi andati, però cucinare è un mestiere manuale e quindi, secondo me, se smettessimo di usare le mani per “sentire” gli ingredienti, se non li annusassimo più, non li assaggiassimo, non ci fidassimo anche del nostro occhio mentre lavoriamo, questa professione perderebbe il suo fascino. Per molte preparazioni utilizzo i guanti, ma certe altre cose, come ad esempio un impasto, vanno toccate per ricevere la giusta sensazione. Mentre per eviscerare l’anatra o sfilettare il pesce, è ovvio che metto i guanti, più che altro per una questione pratica. Comunque il fattore principale è la qualità dei prodotti, e se tutto ciò verrà affidato all’intelligenza artificiale, buonanotte...

Animelle, sake beurre blanc, burro di caviale essiccato. Animelle, sake beurre blanc, burro di caviale essiccato. | Foto (dettaglio): Restaurant JAN © Pieter D'Hoop Qual è invece la Sua speranza?

Spero che in Germania cresca il consenso nei confronti della cucina gourmet. In Francia, un grande chef è considerato un eroe nazionale, se Macron organizza una festa all’Eliseo, a cucinare ci sono i dieci migliori chef del Paese, come Ducasse e altri. Se Olaf Scholz organizzasse qualcosa di simile con i principali chef tedeschi, probabilmente l’opinione pubblica reagirebbe con indignazione, parlando di spreco di denaro dei contribuenti. Al di là del degustare caviale pregiato con posate d’argento o pasteggiare a champagne, la gastronomia è un patrimonio culturale. Mangiare e bere mette insieme le persone, riunisce le famiglie. È storia, tradizione, cultura, cose che formano un tutt’uno.

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