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Musica
Guerra fredda e piste da ballo

Penny Ford, qui in foto a Wetzlar nel 2017, continua a tutt’oggi a cantare “The Power”, benché all’inizio avesse a mala pena accettato di interpretarla.
Penny Ford, qui in foto a Wetzlar nel 2017, continua a tutt’oggi a cantare The Power, benché all’inizio avesse a mala pena accettato di interpretarla. | © mauritius images / LademannMedia

Alla fine della Guerra fredda, due produttori musicali di Francoforte mettono su nel giro di una settimana la hit “The Power” e fondano la band Snap!, che darà anche i natali al genere eurodance.

Di Sonja Eismann

Siamo alla fine degli anni Ottanta quando la cantante jazz e polistrumentista americana Penny Ford si trasferisce a Londra con la famosa collega Chaka Khan, per liberarsi dalla spirale della droga. Le due cantanti, invece di sottoporsi a un trattamento di disintossicazione, optano per l’“autodisintossicazione”, praticamente confinandosi nel proprio appartamento. Durante quest’isolamento, ricevono una telefonata inaspettata da due produttori musicali tedeschi, Michael Münzing e Luca Anzilotti, che chiedono a Chaka un rap per un nuovo progetto pop. Lei, però declina e propone all’amica: «Io non sono una rapper e a te servono soldi, perciò fallo tu». In realtà il rap non attira neanche Penny, che a 14 anni è già stata in tournée con i Parliament-Funkadelic, ma quei soldi le servono sul serio, e perciò si presenta nello studio di registrazione della Logic Records, piccolissima etichetta appena fondata da Münzing e Anzilotti, e con un semplice microfono, un pacchetto di sigarette e un enorme posacenere si lancia nella «peggiore esibizione di tutta la sua vita», come ricorderà in un’intervista. Ai produttori raccomanda solo: «Se vende, mandatemi l’assegno», senza immaginare neanche lontanamente di poterci contare.

E invece le cose vanno in maniera del tutto diversa: il singolo The Power esce alla fine del 1989 con il nome della band Snap! e diventa rapidamente un successo mondiale, restando settimane e settimane in classifica, raggiungendo il secondo posto in Germania e negli Stati Uniti e addirittura il primo nel Regno Unito. Ma non finisce qua: i due produttori, che in World Power, album in cui viene presentata la hit, appaiono sotto pseudonimo come Benito Benites (Münzing) e John Virgo Garrett III (Anzilotti), con questo brano passano alla storia come pionieri dell’eurodance, genere che da un lato viene disprezzato come “musica da baraccone” senz’anima e senza spessore, e dall’altro invece celebrato come sviluppo europeo originale di stili “afro-diasporici” come house, hip-hop e italo-disco. Ancora oggi, l’eurodance è considerato il genere più caratteristico degli anni ’90.


La genesi del brano è sfaccettata e complessa, come del resto la fine della Guerra fredda, evocata nella bizzarra introduzione del video musicale di The Power, che mostra un uomo che in russo pubblicizza un PC americano per non vedenti. In un’intervista alla Süddeutsche Zeitung, Münzing e Anzilotti raccontano di aver eseguito per la prima volta il brano dal vivo a Berlino Est il 7 novembre 1989 e che al loro rientro, come per magia, il Muro era aperto.

La hit, però, non è avvolta solo da un alone di magia. Se nello stesso periodo, un’altra band di produttori musicali come il duo Milli Vanilli, ad esempio, è protagonista di uno scandalo per non aver cantato direttamente, Münzing e Anzilotti, già DJ del Dorian Gray, leggendario locale dell’aeroporto di Francoforte e produttori di Sven Väth e Moses P., assemblano al computer la hit per le piste da ballo nel giro di una settimana, campionando senza ritegno incisioni musicali della band electro Mantronix e del rapper Chill Rob G, ma anche la potente esclamazione “I’ve got the power”, estraendola da una canzone della cantante Jocelyn Brown. A vent’anni di distanza, la Brown li porta in giudizio, chiedendo 10 milioni di sterline (la metà degli incassi realizzati fino a quel momento dalla canzone), che tuttavia non otterrà, perché i due tedeschi il permesso per quel campionamento l’hanno effettivamente dal produttore della cantante, benché a insaputa di quest’ultima. Chill Rob G viene sostituito in una nuova registrazione realizzata in fretta e furia da Durron Maurice Butler, soldato semplice delle truppe americane di stanza a Friedberg, che diventerà poi un noto rapper con il nome di Turbo B. Anche la cantante che si vede muovere le labbra nel videoclip non è Penny Ford, ma Jackie Harris, soldatessa dell’aeronautica americana pescata allo scopo tra le truppe di stanza sul posto. Penny Ford, alla quale è affidata la maggior parte dell’interpretazione vocale, ricorda di aver incontrato il rapper per la prima volta solo dopo che la canzone realizzata insieme era già in classifica da settimane.

You could break my heart
You could break my heart apart
I’ve got the power!”

Sebbene inizialmente detesti le registrazioni per Snap!, Ford viene rapidamente conquistata da The Power: la canzone è un successo internazionale e la gente che la incontra le racconta con entusiasmo che la potenza e l’energia di quel singolo contribuisce a superare momenti difficili, come una condanna al carcere o addirittura una guerra. In effetti, la hit è emblematica anche del periodo finale della Guerra fredda, di quello che è stato forse l’ultimo decennio spensierato ed edonista sulle piste da ballo europee e, soprattutto, dell’influenza esercitata dalle truppe americane di stanza in Germania, in particolare a Francoforte, sull’ambiente dei club tedeschi, oltre a mostrare chiaramente chi ha spesso tratto vantaggio dal pop e chi no. Chi ha fornito il materiale per il campionamento, i rapper, i cantanti, i volti prestati a The Power, tutti afroamericani, hanno dovuto sgomitare non poco per avere la loro fetta di torta. Per i due produttori bianchi, le cose sono davvero decollate solo dopo il grande successo nelle classifiche, quando The Power è apparsa in innumerevoli blockbuster hollywoodiani come Una settimana da Dio e Le ragazze del Coyote Ugly ed è tuttora tra le canzoni più utilizzate su licenza nelle clip pubblicitarie in tutto il mondo. Nell’intervista alla Süddeutsche Zeitung, Münzing e Anzilotti hanno raccontato divertiti che con le royalties delle innumerevoli pubblicità per jeans, bevande, collutori e per tutta una serie di prodotti tra i più disparati potrebbero probabilmente riuscire a sfamare non solo le famiglie dei propri figli, ma anche quelle dei loro figli e addirittura dei loro nipoti.

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