Ludwig Pollak, esperto d’arte protagonista del mercato d‘antichità a Roma per quasi 50 anni, donò al Vaticano il braccio mancante della statua del Laocoonte, che aveva scoperto da uno scalpellino. Morì poi con la sua famiglia nel lager di Auschwitz. Ora quattro "pietre d‘inciampo", che commemorano le vittime della follia nazista, sono state poste davanti alla sua ultima residenza.
Di Gudrun Sailer
A Roma, davanti al Palazzo Odescalchi, di fronte alla chiesa dei XII Apostoli, quattro piccole targhe di ottone brillano sul selciato da questo giovedì mattina. Portano i nomi e le date di nascita e di morte di Ludwig Pollak, di sua moglie Julia e dei loro due figli Wolfgang e Susanna. Le pietre d‘inciampo ("Stolpersteine") dell'artista tedesco Gunter Demnig commemorano le persone che furono uccise o deportate durante il Terzo Reich di Hitler in tutta Europa.
Protagonista della vita culturale della Roma di inizio Novecento
Nella vita culturale della Roma dei primi decenni del secolo scorso, l‘antiquario austroungarico Ludwig Pollak era una figura molto rispettata. Era una persona molto attiva, di successo, interessante, eloquente, simpatica, piena di energia, che conosceva tante personalità", così lo descrive la storica dell'arte Tatjana Bartsch, fototecaria alla Bibliotheca Hertziana, l'istituto tedesco di storia dell'arte a Roma, dove Pollak è stato ospite fisso per decenni. "Tutta la storia del commercio dell'antiquariato a Roma nei primi decenni del XX secolo - spiega - è legata a Pollak".
Tesori che uscivano dagli scavi di una città in crescita
Nato a Praga da una famiglia ebrea di piccoli commercianti di tessuti, Pollak studiò e si laureò a Vienna. Archeologo affascinato dall'antichità, arrivò a Roma nel 1895, dove rimase per il resto della sua vita. Per un mercante d'arte, antiquario, collezionista e studioso, l’Urbe in quegli anni era una miniera di sorprese e di lavoro. La città cresceva rapidamente, l’edilizia era in pieno sviluppo, e spesso, quando si scavava per gettare le fondamenta di un nuovo palazzo, si trovavano nella terra tesori di quasi duemila anni prima, testimoni materiali di Roma Caput Mundi. Gli intenditori come Pollak facevano le loro scoperte in decine di botteghe di scalpellini piccoli e grandi di Roma. "Pollak combinava l'erudizione classica con un talento incredibilmente pratico - nota Tatjana Bartsch - Aveva, come dicono gli italiani, 'naso', un grande fiuto. Era brevissimo nel distinguere il vero dal falso. Ma aveva anche i contatti giusti per vendere questi reperti ai musei di tutto il mondo. Pollak ha spedito antichità fino a New York".
Il braccio mancante del Laocoonte, in una bottega ai piedi del Colosseo
Il grande antiquario fece la sua scoperta più spettacolare nel 1903, quando individuò il braccio mancante del gruppo scultoreo del Laocoonte nella bottega di uno scalpellino. Questa scultura è considerata l'opera d’arte antica più famosa al mondo e si trova in Vaticano fin dal suo rinvenimento, nel 1506. Per questo, è la pietra angolare dei Musei Vaticani. "Chiunque altro avrebbe ignorato questo frammento poco appariscente - afferma Tatjana Bartsch - ma Pollak capì subito di che cosa si trattava, perché questa bottega di scalpellino si trovava ai piedi del Colosseo, a non più di venti metri dalla Domus Aurea, dove nel 1506 fu trovato il gruppo originale del Laocoonte. E Pollak lo sapeva, e sapeva anche che il braccio destro del Laocoonte esposto allora, era un'aggiunta moderna, perchè mancava quello originale".
L'amicizia con il direttore Nogara e il dono ai Musei Vaticani
Con grandissima emozione, possiamo supporre, Pollak acquistò il frammento di marmo e lo portò a casa. Lì lo mostrò al direttore dei Musei Vaticani Bartolomeo Nogara, che conosceva bene. Nessuno dei due era ancora sicuro se il braccio appartenesse al vero Laocoonte o ad una copia successiva. "E tuttavia, Pollak decise allora che non poteva certo far altro, con questo frammento, che portarlo ai Musei Vaticani. E non si fanno certo affari con il Papa, questo è abbastanza chiaro". Così l'antiquario ebreo ha donato al Papa il braccio mancante della scultura famosa in tutto il mondo, che ha attirato generazioni di studiosi e amanti dell'arte che per 400 anni si sono formati nel "Grand Tour" che faceva tappa in Vaticano. Il braccio si è rivelato essere quello vero. Chiunque ammiri il Laocoonte nel Cortile Ottagono dei Musei Vaticani oggi, lo vede con il braccio ritrovato da Pollak.
Con le leggi razziali del 1938 tutto cambia anche a Roma
Nel 1938, la vita dei cittadini ebrei cambiò radicalmente anche in Italia. L'Austria divenne parte della Germania nazista con il cosiddetto "Anschluss", e dopo una visita di Hitler a Mussolini, l'Italia promulgò leggi razziali antiebraiche sul modello di quelle del Terzo Reich. Ludwig Pollak, che aveva visitato spesso la Bibliotheca Hertziana per le sue ricerche, era già stato bandito dalla biblioteca nel 1935, come gli altri ebrei. Una rottura totale con il passato, per l’istituto tedesco.
Bartsch: Pollak figura chiave per la Biblioteca Hertziana
"Pollak è stato una figura molto importante per il nostro istituto, per tutti i primi 40, 50 anni di vita - conferma Tatjana Bartsch - Conosceva bene la nostra fondatrice Henriette Hertz, anche lei ebrea. Era uno degli utenti più assidui della nostra biblioteca. Incontriamo Pollak in tutti i libri dei visitatori, ma anche in quasi tutti gli eventi che l'Istituto ha ospitato. Ha donato libri alla biblioteca e foto alla fototeca. Dai suoi diari e dalle sue memorie impariamo molto sulla nostra stessa storia. In questo senso, lo incontriamo costantemente di nuovo, anche nelle nostre ricerche. È una specie di membro invisibile della casa".
Tutta la famiglia deportata e uccisa ad Auschwitz
Nel settembre 1943, i nazisti occupano Roma, che dopo l’armistizio firmato con gli Alleati dal nuovo governo italiano era diventata territorio nemico. Un mese dopo, il sabato nero. All’alba del 16 ottobre, Ludwig Pollak, sua moglie Julia e i suoi due figli adulti vengono arrestati nelle loro case come altri mille ebrei e portati al Collegio militare sul Lungotevere. Non lontano, in Vaticano, Bartolomeo Nogara è inorridito da questa notizia. Con una lettera alle autorità tedesche, il direttore dei Musei Vaticani cerca di salvare Pollak e la sua famiglia. La lettera è conservata negli archivi del museo. Nogara scrive che Pollak non è mai stato politicamente attivo, ha esercitato la sua professione di antiquario "nelle forme più corrette e decorose", e gode di rispetto ovunque, all'Istituto Archeologico Tedesco di Roma come in Vaticano, e menziona persino il braccio del Laocoonte. Invano. Il treno con la famiglia Pollak è già partito, senza soste, verso Auschwitz. Il 23 ottobre 1943, tutti e quattro i componenti vengono assassinati nelle camere a gas.
Quattro "pietre d'inciampo" per ricordare
L'iniziativa di posare le "Stolpersteine" per la famiglia Pollak è venuta dalla Bibliotheca Hertziana. "Molti di noi hanno sentito il bisogno di dire che vorremmo che Pollak fosse commemorato anche nello spazio pubblico urbano di Roma", spiega Tatjana Bartsch, che ha promosso l’iniziativa. I romani e i turisti capiranno il significato di quelle "pietre d'inciampo" davanti a Palazzo Odescalchi? "Certo, bisogna prima inciamparci sopra – ammette Bartsch – ma Pollak, sua moglie, i suoi figli furono deportati solo perché ebrei e assassinati per questo. E dobbiamo sempre ricordare questa atrocità. Non deve essere mai dimenticato, anche se ormai sono passati quasi 80 anni". Ecco l’intervista integrale a Tatjana Bartsch, studiosa di Ludwig Pollak e fototecaria della Biblioteca Hertziana di Roma:
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