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Le donne di Berlino e la loro protesta misconosciuta
Quando caparbietà e perseveranza diventano eroismo

Monumento alle donne protagoniste della protesta di Rosenstrasse, nel quartiere berlinese Mitte
Monumento alle donne protagoniste della protesta di Rosenstrasse, nel quartiere berlinese Mitte | Foto: picture alliance / Bildagentur-online/Joko | Bildagentur-online/Joko

La protesta di Rosenstraße (27 febbraio – 6 marzo 1943) è un raro esempio di aperta resistenza nella Germania nazista. Quando nel 1933 i nazisti salirono al potere, si aspettavano che le persone che definivano “ariane” chiedessero il divorzio dai coniugi ebrei, dopo aver constatato l’allontanamento degli amici, la perdita del posto di lavoro, la cacciata dei propri figli dalle scuole e il venir meno di qualsiasi altra opportunità.

Di Nathan Stoltzfus / Mordecai Paldiel

Anche quando il regime aumentò la pressione sugli “ariani” sposati affinché si separassero dai propri coniugi ebrei, permettendo loro il divorzio, più del 90% lo rifiutò, preferendo invece intrecciare il proprio destino con le vittime più disprezzate del nazionalsocialismo.

Nel 1935, le leggi di Norimberga condannarono le relazioni sessuali tra ebrei e “ariani” come “oltraggio razziale” punibile con la reclusione, che nel sistema nazista portava di regola alla morte. Secondo la logica nazista, gli ebrei sposati tra loro sarebbero stati i primi a essere deportati. Tuttavia, dopo il pogrom del novembre 1938, passato alla storia come “Notte dei cristalli”, e le lamentele degli “ariani” sposati con ebrei per il trattamento barbaro riservato ai loro coniugi ebrei, Hitler concesse ad alcuni di loro uno speciale status “privilegiato”: gli ebrei sposati “privilegiati” furono perseguitati meno duramente rispetto agli ebrei “non privilegiati”, costretti a indossare la stella gialla e avviati per primi allo sterminio. Il regime continuò poi fino alla fine a permettere una serie di concessioni ai non ebrei che rifiutavano di divorziare dal proprio coniuge ebreo.

Sempre nel 1938, gli agenti convocarono un “ariano” dopo l’altro presso le centrali delle SS o della Gestapo. Dopo una valanga di minacce e umiliazioni, Elsa Holzer, una di queste donne “ariane” sposate con un ebreo, nonostante fosse terrorizzata, si recò dal marito senza permesso, temendo che la Gestapo potesse arrestarlo mentre lei era via.

A partire dal 1939, gli ebrei tedeschi che avevano contratto matrimoni misti considerati non privilegiati vennero ammassati in Judenhäuser, letteralmente “case ebraiche”. Uno di loro, il professor Victor Klemperer, ebreo unito in matrimonio misto non privilegiato, autore di un voluminosissimo diario e sopravvissuto grazie alla fedele moglie “ariana”, fu costretto a entrare in una di queste case ebraiche con la stella. Sua moglie Eva rifiutò il suo suggerimento di lasciare la casa se lui fosse stato portato via. «Mia moglie è stata molestata molto più di me. veniva costantemente insultata», raccontava il marito ebreo di un’altra donna “ariana”.

Quando iniziò il genocidio degli ebrei, il gerarca nazista e braccio destro di Hitler Joseph Goebbels pretese che il famoso attore Joachim Gottschalk divorziasse dalla moglie ebrea o altrimenti rinunciasse a tutti i futuri ruoli cinematografici. Gottschalk si suicidò insieme alla moglie e al figlio il 6 novembre 1941 e, dopo che alcuni suoi colleghi parteciparono al suo funerale sfidando l’apposito divieto, Hitler incaricò Goebbels, in qualità di Gauleiter di Berlino, di perseguire una “politica di rigore contro gli ebrei”, mentre riguardo agli ebrei misti Hitler raccomandò “un approccio meno risoluto” per evitare “inutili difficoltà” con la vasta e ancora fedele opinione pubblica tedesca. Nei territori orientali, il regime uccise sia i coniugi non ebrei, sia quelli ebrei delle coppie miste che si rifiutavano di separarsi, mentre all’interno del Reich, i nazisti preferirono attendere richieste di divorzio da parte dei coniugi ariani minacciati di gravi conseguenze.

Il 6 dicembre 1942 Goebbels ricevette da Hitler il via libera per la deportazione di tutti gli “ebrei completi” (Volljuden, secondo la definizione razziale nazista) di Berlino che indossavano la stella. Il 18 febbraio 1943, decise di “liberare del tutto dagli ebrei” la capitale del Reich, deportando tutti coloro che portavano la stella. Misure simili vennero adottate anche in altre città: ad esempio, due giorni prima della protesta di Rosenstraße, la Gestapo emise un decreto che obbligava la Gestapo di Francoforte sull’Oder a mandare nei campi di sterminio gli ebrei misti, ma solo se fosse riuscita a farlo senza suscitare scalpore o provocare rivolte. Per intimidire i manifestanti di Berlino, Goebbels dispiegò la Leibstandarte Adolf Hitler, la Panzer-Division delle SS più importante ed elitaria, per arrestare gli ebrei berlinesi il 27 e il 28 febbraio 1943.

La sera del 27 febbraio, centinaia di donne protestarono davanti al punto di raccolta improvvisato di Rosenstraße, dove erano detenuti i loro mariti. Durante quella protesta vennero arrestati con le loro famiglie più di 7.000 ebrei berlinesi e stipati su treni merci diretti ad Auschwitz. Al grido delle manifestanti “Ridateci i nostri uomini!”, le guardie armate rispondevano gridando: “Liberate le strade o spariamo!”. Quelle donne erano tra le poche che si erano opposte a Hitler fin dall’inizio, ma saggiamente senza chiedere la sua testa, bensì la libertà per i loro mariti ebrei. Quella sera, un ufficiale della Gestapo annunciò con un certo orgoglio a un prigioniero ebreo: “Là fuori stanno protestando per ottenere la vostra liberazione. Questa sì che è lealtà tedesca!”.

Il 6 marzo 1943, Goebbels ordinò il rilascio degli ebrei sposati, dopo aver ricevuto da Hitler il permesso di risolvere il problema “psicologico” della protesta, temendo che da Rosenstraße si potesse espandere, invogliando altre persone a scendere in piazza e innescando proteste analoghe. Sia Hitler che Goebbels lo considerarono un modo per guadagnare tempo, una sorta di rinvio, per concentrarsi intanto su obiettivi più urgenti e più facilmente realizzabili. Era stato un freddo calcolo di costi e benefici, una semplice concessione temporanea tra altre di quello stesso genere.

Circa 11.000 ebrei tedeschi furono risparmiati perché i loro coniugi preferirono mostrarsi leali verso le proprie famiglie piuttosto che a Hitler e al massiccio movimento tedesco che lo sosteneva. Come scrisse Bruno Blau, statistico ebreo dell’Associazione degli ebrei tedeschi durante il dominio di Hitler, queste persone costituirono la maggioranza degli ebrei tedeschi che poterono continuare a vivere senza nascondersi.

Il ricordo di queste donne è come una luce splendente in un’opprimente oscurità. Georg Zivier, marito di una delle donne che protestarono in Rosenstraße, scrisse: “Quella volta gli occhi di tutta la nazione avrebbero dovuto essere puntati su quei banditi, eppure l’opinione pubblica non fu in grado di cogliere il divampare di una piccola scintilla che avrebbe potuto infiammare una resistenza più vasta contro la tirannia”.

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