Klaus-Dieter Lehmann compie 80 anni
Lavorare all’insegna dell’apertura
Klaus-Dieter Lehmann, laureato in scienze naturali, si è occupato delle rocce lunari dell’Apollo 11 prima di approdare nel settore della cultura, un mondo ben lungi dal lasciarsi sfuggire il presidente del Goethe-Institut.
Di Gerd Roth, dpa
Berlino (dpa) – È a lui che si deve l’unificazione del sistema bibliotecario tedesco sull’intero territorio statale. Ed è stato lui a imprimere un impulso a una delle maggiori istituzioni museali e a dare nuovo smalto al volto culturale della Germania nel mondo. È arduo trovare la benché minima pecca nei principali incarichi di Klaus-Dieter Lehmann, che di sé dice: “Voglio cambiare, voglio progettare”. La sua ricetta? “In ogni contesto, grande o piccolo che sia, non ho paura di lavorare all’insegna dell’apertura”.
Sabato 29 febbraio il presidente del Goethe-Institut compie 80 anni. I primi passi li muove altrove, e in modo non poco spettacolare: negli anni ’60, infatti, da esperto fisico-matematico, mette a punto un apparecchio con il quale i ricercatori statunitensi possono analizzare le rocce lunari appena riportate sulla Terra dall’Apollo 11. “Ho costruito uno spettrometro di massa in grado di separare i più piccoli isotopi”, racconta Lehmann, illustrando i suo rapporto con la ricerca spaziale. Apparecchio che permette agli americani di “determinare la provenienza e la composizione cosmica del materiale”.
“Il mio mondo è la cultura”
Nonostante il fascino delle missioni spaziali, Lehmann non rimane vincolato a quel settore: “Le scienze naturali – racconta in un’intervista alla dpa – sono state una scelta professionale dettata dalla razionalità, mentre il mondo al quale mi sento di appartenere è quello della cultura: la letteratura è mia passione”. Ed è per seguire questa passione, che si orienta quindi verso le scienze bibliotecarie. L’avvento della digitalizzazione, con gli stravolgimenti ad essa connessa, gli permette di coniugare due mondi: “Affiancando alla letteratura strumenti come i computer e la rete, ho potuto combinare le mie inclinazioni con le mie competenze scientifiche. E non è stata una scelta sbagliata”. Il suo prima sistema integrato è quello delle biblioteche dell’Assia: alla fine degli anni Ottanta, Lehmann è già direttore generale della Deutsche Bibliothek di Francoforte, dopo di che, tra la caduta del Muro e la riunificazione, gli viene affidato un altro incarico di prestigio: la fusione tra Deutsche Bücherei (Est) e Deutsche Bibliothek (Ovest). “Ci siamo incontrati anche fisicamente tra Lipsia e Francoforte, nella foresta della Turingia, a metà strada, in modo che nessuno potesse parlare di ‘occupazione’”. Già nel marzo 1990 esiste un progetto finito di Deutsche Nationalbibliothek, una biblioteca tedesca su scala nazionale, al quale si aggiunge, a Berlino, il Deutsches Musikarchiv, l’archivio musicale tedesco.Incarichi di prestigio a Berlino
Ed è così che arriva alla “sua” città: “Berlino, con la sua forma virulenta, il suo stato di perenne incompiuta, le sue possibilità progettuali, è il mio luogo ideale”. La sua città natale è Breslau: “L’ho sempre detto: da Breslau si finisce a Berlino. L’unica cosa è che io non ci sono arrivato direttamente”. Alla fine degli anni Novanta, Berlino affida a Lehmann un nuovo grande incarico: la responsabilità di una ventina di musei, collezioni e istituzioni in qualità di presidente della Fondazione Preußischer Kulturbesitz, sostenuta dal governo federale e dai Länder.In dieci anni, fino al 2008, Lehmann avvia importanti progetti: è prevista per quest’anno, come primo passo, l’apertura dell’Humboldt-Forum, tuttora controverso per via della ricostruzione della facciata del castello; il piano generale per la Museumsinsel, l’Isola dei Musei dichiarata patrimonio dell’umanità, si estende al prossimo decennio. Anche in questo caso si rivela valida la scelta di Lehmann di portare a un unico tavolo esperti a tutti i livelli decisionali e con differenti settori di competenze. “In sostanza – racconta – abbiamo fatto una tavola rotonda riunendo rappresentanti museali, esperti finanziari, conservatori, architetti. È stata un’occasione di scambio, ognuno ha potuto esporre le proprie argomentazioni e il verbale ha fornito le direttive per andare avanti”. Per il piano generale, gli esperti si sono riuniti “come in conclave, per tre giorni di fila, fino alla fumata bianca”.